2014-09-20 09:15:00

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nella 25.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in cui Gesù racconta la parabola degli operai dell’ultima ora. Questi sono pagati come i primi, che perciò mormorano contro il padrone della vigna che a sua volta dice ad uno di essi: “Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Gesù conclude:

“Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”.

Su questo brano evangelico, ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

La parabola di oggi, per quanto scomoda per noi spesso così sensibili solo a una giustizia terra-terra, rivela la bontà del cuore di Dio. Un padrone esce al mattino in cerca di operai per la sua vigna e si accorda con loro per il giusto salario: un denaro.  Lungo il giorno esce altre volte, sino ad un’ora prima della conclusione del lavoro. Poi paga tutti, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Ad ognuno dà il salario di un’intera giornata di lavoro, provocando la mormorazione di quelli che hanno lavorato tutto il giorno. Il padrone risponde ad uno: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest'ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Commenta un autore: “È lecito o no che Lui faccia ‘nel suo’ quanto vuole, la giustizia e insieme la larga carità? Certo, gli ultimi hanno lavorato di meno; ma sono più deboli, e hanno bisogno come i primi. I due criteri, la giustizia e la bontà, non solo non si escludono, ma alla fine sono il medesimo comportamento”. Certo, l’immagine posta su questo denaro con cui viene pagato il salario, ha davvero poco a che fare con Cesare e con la sua giustizia terrena! Riflette piuttosto la Bontà divina. Dice che la vera ricompensa non è il salario, ma l’essere stati invitati a lavorare per il Signore, nella sua Vigna (cf T. Federici). Ecco perché  “gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi”.








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