2014-09-20 11:25:00

Mons. Rudelli nuovo osservatore S. Sede al Consiglio d'Europa


La Santa Sede ha un nuovo osservatore permanente  presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo. Papa Francesco ha designato per questo incarico mons. Paolo Rudelli, 44 anni, consigliere di Nunziatura, il quale assume il ruolo ricoperto fino allo scorso anno da mons. Aldo Giordano, attuale nunzio apostolico in Venezuela.Mons. Rudelli, laureato in Teologia Morale, è entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il primo luglio 2001, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze pontificie in Ecuador e in Polonia e presso la Sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato. Parla spagnolo, inglese, francese, tedesco, polacco.

Nello stesso giorno dell’ufficializzazione della nomina, Papa Francesco ha ricevuto il segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjørn Jagland, in un secondo momento ha salutato il suo vicesegretario, Gabriella Battaini Dragoni. Del significativo incontro con il Papa e delle sfide attuali che il Consiglio d’Europa affronta, Fausta Speranza ha parlato con l’italiana Gabriella Battaini Dragoni:

R. – Sì, un’emozione fortissima e allo stesso tempo, dolcissima. Queste sono le due parole con le quali caratterizzerei questo incontro. Noi sentiamo che il problema della migrazione, del traffico illecito di persone nel Mediterraneo, tutti questi che sono temi del sociale, permettono di riscoprire ogni volta quanto siano comuni i valori che il Vaticano, da una parte, e noi, come Consiglio d’Europa, dall’altra, promuoviamo sulle grandi tematiche intorno alla dignità dell’uomo.

D. – Tante le sfide globali di cui parla spesso e con parole molto forti Papa Francesco. Tante le sfide che il Consiglio d’Europa cerca di affrontare. Tra queste, c’è quella della violenza contro le donne. Su questo, il Consiglio d’Europa sta portando avanti una battaglia molto precisa, molto concreta...

R. – Sì. Proprio ieri abbiamo potuto festeggiare l’entrata in vigore di questa importantissima Convenzione, che si chiama anche “Convenzione di Istanbul” perché era stata lanciata a Istanbul. E’ entrata in vigore il primo agosto. Aremmo dovuto avere almeno 10 Paesi aderenti, ne abbiamo avuti subito 12 e abbiamo anche, nel frattempo, ottenuto 22 firme ulteriori e questo ci fa pensare che molto rapidamente questa Convenzione si potrà avvalere della presenza di molti dei nostri Stati membri.

 D. – Non soltanto l’obiettivo è quello degli Stati membri, quindi all’interno dell’Europa, ma anche lanciare un segnale forte al mondo…

R. – Certamente. Siamo molto soddisfatti della presenza, proprio ieri, alla Camera dei deputati, di numerosi rappresentanti di Paesi di vicinato: rappresentanti dal Marocco, dalla Tunisia, dall’Algeria, dalla Libia, dall’Autorità palestinese, dalla Giordania… Questi sono alcuni dei Paesi che mi vengono in mente immediatamente. Perché questa è una Convenzione che è stata fatta effettivamente da noi, come europei, ma che non è solo per le donne europee: è soprattutto per tutti coloro che, qui in Europa e altrove, vogliono poter lottare contro questa minaccia costante che, purtroppo, ancora esiste e che fa sì che non ci sia eguaglianza tra donne e uomini, per quanto se ne parli a destra e a sinistra. Infatti, potersi permettere di aggredire, di usare violenza nei confronti delle donne – che sia violenza fisica, o emotiva o psicologica – è ovviamente indicazione chiara che non c’è né riconoscimento di tutti i diritti ai quali possano aderire tutte le donne, né uguaglianza. Questa Convenzione è l’unica al mondo che copre in modo globale tutti i tipi di violenza che possano essere esercitati sulle donne e ha avuto il riconoscimento delle Nazioni Unite di essere il “Gold Standard” in materia di protezione delle donne.  








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