2014-09-23 14:19:00

Il Papa a vescovi Ghana: prego per vittime Ebola, grande testimonianza religiosi


Prego per quanti in Africa soffrono a causa dell’Ebola. E’ quanto afferma il Papa nel discorso consegnato ai vescovi del Ghana, ricevuti in visita ad Limina. Francesco ricorda le vittime di questa epidemia e la grande testimonianza di sacerdoti, religiosi e religiose, degli operatori sanitari che sono rimasti al fianco dei malati a rischio della vita. Dal Papa l’auspicio che si rafforzi l’impegno per porre fine a questa tragedia. Nel discorso, il Papa invita inoltre i vescovi del Paese africano a gestire i beni della Chiesa con “onestà e responsabilità” e questo soprattutto laddove “la corruzione ha ostacolato il giusto avanzamento della società”.

Al contempo, afferma, la povertà materiale può essere occasione per dare maggiore attenzione “ai bisogni spirituali della persona umana”. Francesco incoraggia dunque la Chiesa locale a sviluppare la collaborazione ecumenica e interreligiosa che “contribuisce all’armonia sociale” del Paese. Il Ghana, constata, è stato risparmiato dalle divisioni tribali, etniche e religiose che hanno “afflitto troppe parti dell’Africa”. Di qui, l’invito ai presuli affinché siano ancor più “promotori di unità e leader al servizio del dialogo”.

Papa Francesco non manca infine di rivolgere il pensiero ai catechisti laici. Senza il loro lavoro, sottolinea il Papa, “l’impegno per l’evangelizzazione sarebbe fortemente ridotto”. Il Pontefice, riprendendo l’Africae Munus di Benedetto XVI, incoraggia dunque i vescovi a rafforzare la formazione dei laici così che la loro opera possa avere dei risultati duraturi. (A.G.)

 

Incontrando i vescovi del Ghana per la visita ad limina, il Papa – al di là del discorso consegnato – ha rivolto alcune esortazioni ai presuli, parlando a braccio. Ma come è andato l’incontro? Sergio Centofanti lo ha chiesto all’arcivescovo di Accra, Gabriel Charles Palmer-Buckle:

 

R. – Eccezionale! Un’esperienza unica, potrei dire, perché ci ha accolti così, come un padre che ascolta i suoi figli o i suoi collaboratori, e poi ci ha detto: “Potete farmi qualunque domanda, potete dirmi qualsiasi cosa vogliate dire, fare una critica alla mia vita, al mio modo di fare”.

D. – Quali esortazioni vi ha rivolto, in particolare?

R. – Lasciando a noi di porgli delle domande, la prima cosa che ci è venuta da chiedere è una cosa che lui ha detto e cioè che il vescovo deve avere l’odore delle pecore. Ho posto questa domanda: che cosa vuol dire, questo? E lui ci ha detto: “Il pastore, il vescovo, deve avere tre odori: prima di tutto, l’odore dell’olio dell’unzione che ha ricevuto da vescovo; il secondo odore dev’essere certamente l’odore delle sue pecore e il terzo è l’odore di Dio”. Uno di noi poi gli ha detto che con la sua grande semplicità, anche prendendo il nome di San Francesco, è veramente un buon esempio. E lui ha detto umilmente che non è niente di ché, perché già da sacerdote aveva sempre voluto vivere da pastore, essere alla portata di mano dei suoi parrocchiani per poter entrare in un discorso vivo, a tu per tu, con loro, per ascoltare le loro ansie, i loro problemi … e questo l’ha fatto anche da vescovo e quindi, una volta diventato Papa, non c’era motivo di cambiare: ha voluto rimanere esattamente come è sempre stato. Non ritiene questa una cosa straordinaria, da lusingare: è la sua natura, che vuole così, che vuole stare in mezzo alla gente. Poi, ha detto che un vescovo dev’essere come un maratoneta, uno che corre tra Dio e il popolo, i suoi parrocchiani … E ha richiamato proprio la figura di Mosé: il vescovo dev’essere come Mosé. Ogni tanto, Mosé va in cima alla montagna per mettersi in contatto con Dio, in comunione con Dio, ascoltare Dio, parlare con Dio e sapere quello che Dio vuole dal suo popolo. Poi, scende dalla montagna per andare dal suo popolo e poi torna ancora da Dio per chiedergli cosa deve fare e poi ancora torna dalla gente per incoraggiarla, per cercare di portarla avanti … Quindi, una delle esortazioni che ci ha lasciato è di essere come Mosé, un maratoneta: uno che corre sempre da Dio per sapere quello che vuole Dio, e riporta il messaggio di Dio al popolo. Infine, ci ha esortati a stare attenti perché nel mondo c’è questo problema: l’adorazione del denaro. E quando uno punta sul denaro si corre il rischio, poi, di perdere di vista l’uomo come centro dell’economia. L’economia deve servire l’uomo, non l’uomo l’economia. Ma oggigiorno – ha detto – viviamo un tempo in cui tutto è puntato sull’economia: l’economia, l’economia … Fino ad arrivare al punto in cui abbiamo adesso una cultura dello scarto: si scartano i bambini, gli anziani … E ha ringraziato Iddio che almeno l’Africa, ancora, ha tanto tempo e tanta attenzione per gli anziani. Poi ha parlato dei giovani e ha detto che parecchi non hanno lavoro e per questo si sentono rifiutati dalla società. E lui dice: questa è davvero una piaga della cultura moderna che dobbiamo combattere in Ghana, in Africa e ovunque.








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