2014-09-25 14:10:00

Card. Koch: dialogo tra cattolici e ortodossi continua nonostante difficoltà


“La vera gioia della fede la impariamo da coloro che soffrono, dai poveri”: è quanto ha detto il cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, a conclusione della plenaria della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, svoltasi ad Amman, in Giordania, dal 15 al 23 settembre. Al centro dei lavori l’esame della bozza di documento intitolato “Sinodalità e Primato”, redatta dal Comitato di Coordinamento della Commissione a Parigi nel 2012. Ma quale è stato il più importante progresso di questo incontro? Philippa Hitchen lo ha chiesto allo stesso cardinale Kurt Koch:

R.- Der allergrößte Fortschritt – glaube ich – ist, dass alle Beteiligten bereit sind …
Il progresso più importante – secondo me – è che tutti i partecipanti sono disposti e volenterosi a continuare il dialogo, anche se non è proprio facile. In questa occasione, non è stato possibile presentarci all’opinione pubblica con un documento: infatti, il documento di preparazione che era stato proposto alla discussione e stilato dal Comitato di coordinamento di Parigi, è stato rifiutato, soprattutto da parte ortodossa. Quindi abbiamo deciso di preparare un documento nuovo sui punti più importanti riguardo al tema principale che era “Sinodalità e primato nel primo millennio”; questo documento è stato considerato come non maturo. A questo punto abbiamo stabilito che l’anno prossimo si svolgerà un nuovo Comitato di coordinamento per approfondire e migliorare il testo e per indire poi una nuova assemblea plenaria, in modo da poter completare questo testo.

D. – Dove e quando lei auspica che si possa svolgere la nuova plenaria?

R. – Wie gesagt, das nächste Koordinierungskomitee soll nächstes Jahr sein, dann …
Il prossimo Comitato di coordinamento, come dicevo, si terrà l’anno prossimo; il 2016 sarà un anno difficile per gli ortodossi perché è previsto il Sinodo pan-ortodosso e le Chiese ortodosse saranno molto impegnate. Penso quindi che la prossima assemblea plenaria non potrà svolgersi prima del 2017.

D. – Lei spera che il Sinodo pan-ortodosso del 2016 abbia nel suo ordine del giorno anche la questione dei rapporti ecumenici con il mondo cattolico e che quindi questo possa contribuire a fare qualche passo avanti?

R. – Ich hoffe erstens sehr, dass diese panorthodoxe Synode stattfinden wird, …
Intanto spero fortemente che questo Sinodo pan-ortodosso si svolga: infatti, l’assemblea plenaria ci ha mostrato le tante differenze esistenti tra le stesse Chiese ortodosse. Forse, ci sono più differenze tra gli ortodossi che tra ortodossi e cattolici. E se nel corso del Sinodo pan-ortodosso le Chiese ortodosse riescono a trovare una maggiore unità tra di loro, questo sarà di grande aiuto anche per il proseguimento del nostro dialogo.

D. – Per tradizione, la Chiesa ortodossa russa ha avuto grandi difficoltà ad accettare i principi enunciati nel Documento di Ravenna sul quale si basa questa discussione. Questo rappresenta ancora un problema importante per lei, in questa discussione?

R. – Das Hauptproblem das die russisch-orthodoxe Kirche mit dem Ravenna Dokument hat …
Il problema maggiore che la Chiesa russo-ortodossa rileva nel Documento di Ravenna è il paragrafo nel quale si parla del piano universale in vista del rapporto tra sinodalità e primato: accettano un primato a livello generale, ma non in senso teologico. E questo diventa una sfida difficile per noi cattolici; dobbiamo trovare maggiori consensi. Ma onestamente posso dire che in questa assemblea, la collaborazione con la delegazione russo-ortodossa è stata buona. Il metropolita Hilarion si era anche dichiarato disposto a collaborare nel comitato di redazione per la stesura del nuovo testo: quindi, una collaborazione veramente buona. Quello che poi, naturalmente, sempre traspare da lui è la grande critica rivolta alla Chiesa greco-cattolica in Ucraina, e in questo contesto ha ribadito sempre e molto chiaramente che l’uniatismo, cioè le Chiese uniate, rappresentano una ferita nel corpo di Cristo. E qui, purtroppo, mi sento di contraddirlo e di rispondergli che la vera ferita è la divisione della Chiesa tra Est e Ovest e che l’uniatismo è una conseguenza di questa ferita, e che se vogliamo risolvere il problema dell’uniatismo dobbiamo trovare l’unità: solo così possiamo risolvere questo problema.

D. – Il vostro incontro si è svolto ad Amman, in Giordania, dove si trovano centinaia di migliaia di rifugiati cattolici ed ortodossi, fuggiti dai conflitti in Iraq e in Siria. Questa testimonianza comune, questa persecuzione comune, questo ecumenismo del martirio – come a volte è chiamato – potrà fare la differenza nell’aiutare le Chiese a trovare una visione comune?

R. – Ich war zunächst sehr besorgt, dass wir in diese Region gehen, für unseren Dialog …
All’inizio ero un po’ preoccupato perché saremmo andati proprio in questa regione a svolgere il nostro dialogo: speravo che saremmo stati capaci di dare un segno migliore dell’unità tra ortodossi e cattolici proprio in questa difficile situazione. Poi, però, mi sono anche commosso per l’incontro con il principe di Giordania che ha voluto appositamente fare visita all’assemblea plenaria per il cui svolgimento si era molto impegnato, e che ha detto: “Proprio quando ci sono le crisi non bisogna porre termine al dialogo, anzi, bisogna continuarlo”. E credo che questo sia stato un buon segno. Naturalmente, tutti eravamo molto preoccupati della situazione in Medio Oriente; abbiamo anche pregato tanto per i fratelli e le sorelle perseguitati. Siamo stati anche molto colpiti dalla grande disponibilità che il re di Giordania dimostra nei riguardi dei profughi: credo che attualmente in Giordania ci siano un milione di profughi, soprattutto dall’Iraq, e tutti sono accolti. Abbiamo avuto l’occasione – una piccola delegazione, in particolare i due presidenti della commissione – per recarci in un campo profughi ed è stato molto commovente l’incontro con queste persone, percepire la loro paura … E quello che mi ha colpito è stata la gioia che emanavano per la loro fede e questo mi ha fatto capire una volta ancora che la vera gioia della fede la impariamo da coloro che soffrono, dai poveri.








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