2014-09-26 13:52:00

Card. Ravasi: nella vita del cristiano presente ed eternità si incontrano


Il dialogo tra il cardinale Gianfranco Ravasi e il cantautore Gino Paoli apre questa sera a Bologna il “Cortile dei gentili” promosso dal Pontificio Consiglio della Cultura sul tema del tempo. Ma cosa è il tempo secondo la concezione cristiana? Antonella Palermo lo ha chiesto allo stesso cardinale Ravasi, presidente del dicastero che ha organizzato l’evento:

R. - La concezione cristiana, a differenza di certe altre concezioni religiose - pensiamo a quelle indiane che non conoscono la categoria tempo e conoscono casomai solo la categoria dell’eternità - concepisce una sorta di intreccio tra il tempo e l’eternità. Dio non è relegato nei cieli della sua trascendenza soltanto: entra nella storia. E’ per questo che l’eternità è già un po’ nell’interno del presente; è per questo che la vita di grazia, come si suol dire col linguaggio cattolico, è in pratica iniziare già a vivere la vita della pienezza. Di fatti si dichiara: il Verbo si è fatto carne. Il Verbo che era presso Dio, che era Dio, è diventato carne, cioè storia, umanità, fragilità. Ma le due cose sono insieme. Dio non è remoto e astratto, il credente per raggiungere Dio non deve decollare dalla realtà verso cieli mitici e misticoidi; deve invece vivere nell’interno del presente - ecco l’impegno morale, l’impegno esistenziale - perché Dio lì si rivela. La fedeltà all’oggi diventa fondamentale. Per questo nel Vangelo di Giovanni si dà molto rilievo all’ora: l’ora di Gesù è il momento in cui si incrocia il tempo e l’eterno. Per noi è un po’ così: ogni nostro momento ha in sé una apparizione forse di Dio, che non dobbiamo lasciar morire, spegnere. La grande malattia, soprattutto della nostra società, la società contemporanea, è l’indifferenza, la superficialità.

D. - Il tempo della preghiera può essere considerato un tempo vissuto in eternità?

R. - Questo è verissimo: è il tempo della Liturgia. Infatti, se si vede bene, il sacerdote, quando celebra l’Eucaristia e giunge al momento cosiddetto della Consacrazione parla al presente e parla in prima persona, perché appunto si tratta di un evento che avviene una volta per sempre e che continua però, perché è eterno. E quindi può irradiare tutto il tempo.

D. - Domenica prossima il Papa incontrerà gli anziani. Come guarda lei a questo incontro?

R. - La vecchiaia di solito è considerata, dal punto di vista della Bibbia, soprattutto come il tempo della sapienza. Purtroppo, però, tante volte accade che o da un lato sono solo un peso per la società; oppure - dall’altro - loro stessi vogliono vivere giovanilisticamente, in maniera quasi ingenua, perché probabilmente non hanno più un tesoro da comunicare e la società contemporanea, che è molto frenetica, non bada molto a loro.

D. - Pensando a Papa Francesco, molti tra i non credenti apprezzano quello che definiscono per lo più un “Pontefice di rottura col passato”. Ci aiuta a capire, alla luce della riflessione sul tempo, in che senso la Chiesa debba adattarsi al tempo storico in cui vive, pur rimanendo figlia della tradizione…

R. - La Chiesa cammina sempre nell’interno della sua avventura storica su un crinale: da un lato ha dei principi che sono permanenti e questi principi naturalmente permangono, devono permanere, sono molto di meno di quanti qualcheduno ritiene, perché la tentazione di portare tutto a principio è più semplice alla fine, è schematica; dall’altra parte, però, non dobbiamo dimenticare che i principi sono per gli uomini, cioè per le persone, per la vicenda umana e come tali perciò portano anche, incarnandosi, il peso della contingenza, cioè il peso della quotidianità e della storia. Per questo motivo bisogna che la Chiesa ininterrottamente veda che esse scendono, si impolverano anche qualche volta, ma necessariamente devono essere lampada, luce che illumina il cammino della storia: quindi con mutamenti, con variazioni, con una attenzione alla domanda, alle interrogazioni che l’umanità ininterrottamente fa attraverso i secoli.








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