2014-09-30 13:41:00

Catalogna: il governo locale blocca la campagna elettorale


La Generalitat, il governo della Catalogna, ha deciso oggi di bloccare "in maniera cautelativa e temporanea" la campagna istituzionale per il referendum indipendentista convocato per il 9 novembre, dopo la sospensione decretata ieri dalla Corte costituzionale. La questione verrà ora congelata per almeno 5 mesi fino al giudizio di merito. Soddisfatto il premier spagnolo Rajoy. Della situazione, Giancarlo La Vella ha parlato con Alfonso Botti, docente di Storia Contemporanea all’Università di Modena e Reggio Emilia:

R. – Il nazionalismo catalano, con la sua componente più radicale, ha una lunga storia. Inizia ad organizzarsi sulla fine dell’Ottocento, facendo leva sulla differenza linguistica. C’è un’apertura, durante la Seconda Repubblica, all’inizio degli anni Trenta, ma mi sembra corretto collegare le attuali spinte verso l’indipendenza con quello che i catalani hanno patito e sofferto, nei quasi 40 anni di dittatura centralista durante il franchismo.  

D. – In Spagna, ci sono anche altre realtà territoriali che potrebbero, dopo la Catalogna, intraprendere la strada dell’indipendenza da Madrid in modo deciso…

R. – La più nota, probabilmente, la più forte è quella che contraddistingue i Paesi Baschi e il nazionalismo basco, che in questa fase credo stia un po’ alla finestra a vedere che cosa succede e come va a finire la controversia per la Catalogna.

D. – Dopo la Scozia, ora la Catalogna. Come guardare questa istanza indipendentista, rispetto a chi vorrebbe fare dell’Unione Europea una sorta di super Stato?

R. – Intanto, diciamo subito che un’Europa debole come quella di questi anni non ha l’appeal sufficiente per superare le spinte di chi vuole l’Europa delle regioni e dei popoli e non vuole invece una confederazione di Stati. D’altra parte, il caso scozzese è molto diverso da quello catalano. Mentre il referendum scozzese è stato concordato con il governo di Londra, in Catalogna c’è stata una forzatura dell’assetto istituzionale ed era prevedibile che il tribunale costituzionale bloccasse il ricorso alle urne in Catalogna. Certamente, dal punto di vista costituzionale, la Spagna è organizzata in modo tale da non consentire referendum come quelli che il presidente della comunità catalana e le forze politiche che lo sostengono vorrebbero effettuare. Il problema, però, esiste dal punto di vista politico, perché la spinta indipendentista è molto forte e non mi pare che da parte del governo di Madrid ci sia una sensibilità adeguata al problema che la Catalogna pone.

D. – Secondo lei, quale sarà l’evoluzione di questa storia, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale?

R. – Credo che continui una situazione di tensione tra Madrid e Barcellona. Se non si riforma, però, la Costituzione, si tratta di una strada bloccata.








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