2014-09-30 14:55:00

Parolin all'Onu: ricorso alla forza sia multilaterale e proporzionato


Per preservare la pace nel mondo c’è bisogno di una rinnovata azione delle Nazioni Unite contro gli attacchi terroristici. Così ieri alla 69.ma sessione della Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, è intervenuto sulle crisi in atto nel mondo. Centrale nel suo intervento anche la persecuzione nei confronti dei cristiani e delle minoranze. Francesca Sabatinelli:

La Santa Sede ribadisce che è lecito e urgente, per fermare l’aggressione, ricorrere all’azione multilaterale e a un uso proporzionato della forza. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, lancia un forte monito verso la comunità internazionale, chiamata dalla Santa Sede ad assumersi la responsabilità di adottare il mezzo migliore per fermare l’aggressione ed evitare quindi il perpetrarsi di nuove e anche più gravi ingiustizie. Il porporato si riferisce apertamente ai conflitti in Siria, in Medio Oriente e in Ucraina, per dire che “è deludente che fino ad ora la comunità internazionale si sia caratterizzata per le sue voci contraddittorie se non per il silenzio. E’ fondamentale che ci sia una unità di azione per il bene comune, evitando il fuoco incrociato di veti”.  Il porporato spiega poi che il sangue versato dai cristiani e dalle altre minoranze in Siria e in Iraq, sollecita il costante impegno di tutti a rispettare e promuovere la dignità di ogni singola persona voluta e creata da Dio:

"Pope Francis observes that today…
Papa Francesco osserva che oggi c’è il rischio di una diffusa indifferenza, che è sinonimo di irresponsabilità che oggi si manifesta nell’atteggiamento di un’unione di Stati, creata con il preciso obiettivo di salvare vite e generazioni dagli orrori della guerra e che invece resta passiva di fronte alle atrocità sofferte da popolazioni indifese".

La comunità internazionale ha disatteso il suo ruolo, dice ancora, quello di “intervenire per porre fine alla tragedia umanitaria in corso” in Iraq, così come chiesto dal Papa all’inizio di agosto, quando nella missiva al segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, lanciava l’appello sulle sofferenze della minoranza cristiana, e non solo, nel nord del Paese.

Un richiamo che oggi il porporato rilancia, di fronte alla drammatica situazione che si vive in Iraq e in Siria, e di fronte alla “esistenza di una organizzazione terroristica che minaccia tutti gli Stati, con l’intento di dissolverli e di rimpiazzarli con un governo mondiale pseudo-religioso”. Un fenomeno, prosegue il cardinale Parolin, che ha trovato proseliti in molti luoghi, attraendo soprattutto i giovani spesso disillusi dalla diffusa indifferenza e dalla carenza di valori nelle società ricche. Per rispondere a questo, spiega, la comunità internazionale deve promuovere una “risposta unitaria, basata su solidi criteri giuridici e su una volontà collettiva di cooperare per il bene comune”.

La Santa Sede quindi ritiene necessario prima di tutto affrontare le “origini culturali e politiche delle sfide contemporanee, riconoscendo la necessità di adottare strategie innovative per affrontare questi problemi internazionali in cui i fattori culturali giocano un ruolo fondamentale”. In secondo luogo, è necessario un ulteriore studio dell’efficacia del diritto internazionale oggi, ossia sulla sua corretta attuazione attraverso i meccanismi utilizzati dalle Nazioni Unite per prevenire la guerra, fermare gli aggressori, proteggere le popolazioni e aiutare le vittime.

Il tragico momento degli attacchi dell’11 settembre 2001 è stato semplificato, interpretandolo come uno scontro tra civiltà e non tenendo conto della complessità di situazioni come quella in Medio Oriente e dei conflitti civili che attualmente si vivono altrove. A volte sono state favorite soluzioni unilaterali rispetto a quelle fondate sul diritto internazionale. I metodi adottati, ha affermato il segretario di Stato, non sempre hanno rispettato l’ordine costituito o gli aspetti culturali dei popoli che loro malgrado si sono trovati coinvolti in questa nuova forma di conflitto globale. Questi errori oggi ci dovrebbero condurre - ha proseguito - a un profondo e serio esame di coscienza. Affrontare queste nuove forme di terrorismo interpretandole alla luce dello scontro fra civiltà non farà altro che provocare reazioni xenofobe, che paradossalmente rafforzeranno i sentimenti che sono al cuore del terrorismo stesso.

Quindi, il cardinale Parolin richiama a quelle che sono le vie percorribili per affrontare quanto accade: promuovere il dialogo e la comprensione tra culture, così come implicito nel Preambolo del primo articolo della Carta dell’Onu, un impegno che la comunità internazionale e i governi devono affrontare se sono veramente impegnati per la pace nel mondo. Allo stesso tempo, sottolinea, non sta né alle organizzazioni internazionali né agli Stati di inventare culture. Tantomeno essi possono essere gli attori principali responsabili per il dialogo culturale e interreligioso:

"International organizations and states do have the task…
Le organizzazioni internazionali e gli Stati hanno il compito di promuovere e supportare, anche con i mezzi finanziari, le iniziative e i movimenti che possono promuovere il dialogo e la comprensione tra le culture, le religioni e i popoli".

 Le sfide del terrorismo e della violenza non si devono affrontare con la sola apertura culturale. Ci si può servire anche del diritto internazionale e la situazione oggi richiede una interpretazione decisiva di questo diritto, con particolare attenzione alla responsabilità di proteggere. L’unica via praticabile per affrontare questa forma di terrorismo, che mira a controllare aree intere e imporre le sue leggi, è quella di agire nel quadro del diritto internazionale e ciò quindi richiede il rinnovamento delle Nazioni Unite, che si impegnino a favorire e preservare la pace. Queste forme di terrorismo, che intendono muovere guerra contro la comunità internazionale, non possono essere contenute dall’azione di un solo Stato. Ci deve quindi essere la volontà di applicare a fondo gli attuali meccanismi del diritto, rimanendo allo stesso tempo aperti alle implicazioni di questo momento cruciale. Questo garantirà un approccio multilaterale che servirà meglio la dignità umana, e che proteggerà e farà progredire lo sviluppo umano integrale in tutto il mondo. Tutto questo, oltre a risolvere i conflitti nel mondo, saprà certamente portare nuova vitalità alle Nazioni Unite.








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