2014-10-02 13:03:00

Braccio di ferro Parigi-Berlino, Draghi difende le riforme


La ripresa perde slancio, frenata dalla disoccupazione; la Banca centrale europea attuerà nuove misure per fronteggiare la crisi. Lo ha detto il presidente Draghi a Napoli in occasione del vertice dei banchieri centrali della Bce. Momenti di forte tensione in città per la protesta del movimento antagonista. Da Londra il premier Renzi si schiera con la Francia contro le politiche di rigore. Servizio di Giampiero Guadagni:

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L'incontro napoletano tra i banchieri centrali della Bce è giunto in una fase di acuto scontro tra i paesi sostenitori del rigore e quelli sostenitori della crescita. Draghi afferma: è necessario rispettare i vincoli europei e proseguire la strada di consolidamento dei conti. D’altra parte, aggiunge, solo chi è impegnato nelle riforme strutturali potrà sfruttare la flessibilità già prevista nel Patto di Stabilità.  La Francia, proprio ieri, ha risolto il dilemma rigore-crescita decidendo annunciando che non rispetterà i vincoli di bilancio imposti dal patto di stabilità e che fino al 2017 sforerà il tetto del 3% imposto sul deficit. E la cancelliera tedesca Angela Merkel ha risposto ricordando agli alleati europei che devono fare i compiti imposti dagli accordi. Da Londra, il premier italiano Renzi scende  in campo al fianco di Parigi.  ”Nessuno deve trattare gli altri Paesi come si trattano degli studenti”, ha detto Renzi, sottolineando comunque che l'Italia rispetterà il vincolo del 3% anche se ha deciso di rinviare di un anno il pareggio di bilancio. Renzi ha avuto un colloquio con il primo ministro inglese Cameron e nel pomeriggio ha incontrato la comunità finanziaria londinese per presentare i risultati delle riforme del suo governo. Renzi in particolare ha difeso con forza la riforma del lavoro all'esame del Senato.

 

 Del braccio di ferro tra Parigi e Berlino e delle possibili dinamiche economiche, Fausta Speranza ha parlato con l’economista Paolo Guerrieri:

R. – Quella di Parigi è una dichiarazione unilaterale quindi, in quanto tale suona come sfida naturalmente, non tanto alle regole dell’Europa, ma quanto a chi di queste regole è l’interprete e, anche, diciamo il "dominus". E’, quindi, una sfida soprattutto nei confronti della Germania. Adesso si apre un capitolo nuovo, perché c’è una congiuntura difficile: ci sono indubbiamente delle regole che sono in qualche modo da interpretare, da adattare. Vedremo se la nuova Commissione Europea avrà la lungimiranza politica di trovare un compromesso da questo punto di vista che funzioni, perché non c’è dubbio che non si possa semplicemente riproporre il rigore fine a se stesso. Bisogna in qualche modo interpretare queste regole, in modo tale da non penalizzare quella che è una situazione di indubbia difficoltà, che riguarda la Francia, l’Italia, ma in realtà riguarda l’intera area Euro.

D. – L’Italia con Renzi ribadisce il rispetto delle regole, però preme già da un po’ per una crescita che in qualche modo non sia penalizzata troppo dal rigore...

R. – L’Italia, in realtà, rispetta la regola del 3 per centro, però poi chiede di non rispettare altre due regole, che sono: il pareggio di bilancio strutturale e la regola del rientro dal debito, il famoso fiscal compact. Lo chiede proprio in virtù delle circostanze eccezionali che si sono determinate per la recessione, che riguarda l’Italia, e per il ristagno che riguarda un po’ l’intera area Euro. Questo è il compromesso che si potrebbe profilare. Se Paesi come l’Italia e la Francia chiedono più tempo e però danno luogo a “ristrutturazioni”, cioè le famose riforme, si mettono in moto condizioni che possano poi rilanciare la crescita, la Commissione potrebbe leggere questo come una possibilità di scambio - cambiare, riformare, affrontare dei costi - allora si può dare più tempo per quanto riguarda il rispetto delle regole. Nella fattispecie, questo è possibile, perché le regole sono scritte anche permettendo una certa flessibilità. Starà tutto alla nuova Commissione trovare un compromesso politico che funzioni.

D. – In tutto questo, come si sta muovendo la Banca Centrale europea? Qual è il contributo che può dare la Bce?

R. – La Bce si sta muovendo come forse l’unico vero attore europeo, che sta più di altri - ma forse è l’unico - interpretando gli interessi dell’area nel suo complesso. Ha varato una serie di misure e le ultime sono anche relativamente fuori dell’ortodossia, cioè - diciamo così - non convenzionali. Sta cercando di rilanciare l’idea che ci voglia in una crisi così profonda anche una certa intraprendenza e anche una certa innovazione nelle politiche da fare. Il problema è, naturalmente, che la Bce da sola e la politica monetaria da sola non ce la possono fare. Questo, Mario Draghi, il presidente della Bce, lo ha detto più volte: la politica monetaria va resa espansiva per un lungo periodo, ma bisogna associarvi una serie di altre connessioni, tra cui appunto una politica fiscale a livello dell’area dell’Euro, che sia in qualche modo altrettanto espansiva dal punto di vista della capacità di rilanciare la crescita e che non può rimanere da sola, isolata, perché altrimenti – come stiamo vedendo – verrebbe addirittura rimessa in discussione la sua legittimità a fare una serie di iniziative. La Germania, nella persona del ministro delle finanze Schauble, ha criticato aspramente proprio il presidente e il Consiglio della Bce, perché Schauble giudica le ultime misure troppo innovative e troppo rischiose. Questo è un altro tipo di braccio di ferro che si sta aprendo.








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