2014-10-03 17:27:00

Lampedusa, un anno fa la tragedia. Timori per il dopo Mare Nostrum


A Lampedusa questo 3 ottobre è la giornata della memoria. Un anno fa, al largo dell’isola siciliana, nel naufragio della loro “carretta del mare”, morivano 368 persone, tutti migranti. Ricordiamo quella tragedia con il servizio di Francesca Sabatinelli:

Erano quasi tutte eritree le vittime, uomini, donne, bambini, in fuga da guerra e povertà, e in direzione dell’Europa, dove cercare protezione e avvenire. 155 i sopravvissuti, che oggi ancora faticano a dimenticare gli orrori di quanto avvenuto: quando per un incendio, purtroppo causato dai migranti stessi, naufraga un barcone con circa 500 persone a bordo. Le immagini sono di una tragedia senza precedenti, e nelle ore successive fanno il giro del mondo: una fila interminabile di corpi affiancati sul molo, avvolti in teli di plastica, decine e decine di vite spezzate. E poi l’infaticabile lavoro dei soccorritori che, per giorni interi immersi nelle acque siciliane, cercano superstiti e recuperano vittime.

A seguito di questo orrore che, primi fra tutti, mobilitò i lampedusani, l’Italia lanciò la vasta operazione denominata Mare Nostrum di pattugliamento e soccorso che in questi mesi ha condotto al sicuro oltre 140 mila persone. Nonostante questo, l’Oim, Organizzazione internazionale  delle migrazioni, denuncia che dall’inizio dell’anno nel Mediterraneo sono morte tremila persone. All’inizio di novembre Mare Nostrum, le cui spese non possono più essere sostenute dal solo portafoglio italiano, cederà il passo a Tritone (in un primo tempo denominata Frontex Plus), operazione congiunta gestita dall’agenzia europea Frontex, che però, secondo molti esperti, non sarà mai al livello di Mare Nostrum nella gestione dei soccorsi. L’Unione Europea, ripetono in coro le organizzazioni umanitarie, deve "sorvegliare le acque internazionali e garantire un rifugio in Europa alle persone che fuggono dai propri Paesi attraverso canali regolari, percorsi di solidarietà e visti umanitari".

A Lampedusa il 3 ottobre 2013 c’era anche Mauro Casinghini, responsabile del Cisom, Corpo italiano di soccorso dell'Ordine di Malta, dal  2008 impegnato nelle operazioni di primo soccorso medico nel Canale di Sicilia a bordo delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza:

R. – Ricordiamo un’emozione infinita. Io personalmente ricordo di essere arrivato la sera, portando da Roma due psicologi perché, a fronte di 368 morti, ci sono stati oltre 150 superstiti, soccorsi anche dal punto di vista sanitario dal nostro medico e dal nostro infermiere che erano sul posto. Quindi sono sceso di corsa per portare loro non solo la nostra solidarietà, ma anche un aiuto concreto, psicologico. Aiuto che poi, tra l’altro, è stato distribuito a tutte le forze che hanno partecipato a questo soccorso, primi tra tutti i cittadini che con i loro natanti hanno aiutato tanta gente e poi ovviamente la Guardia Costiera e la Guardia di finanza. Poi abbiamo rinforzato questo nostro contributo psicologico perché ce n’era bisogno, dando supporto a tutte le forze impiegate per il recupero delle salme in mare, un lavoro che è durato tantissimi giorni. Il lavoro degli psicologi si è poi prolungato per un mese e mezzo dopo il 3 ottobre, perché abbiamo voluto dare supporto psicologico a tutta la cittadinanza di Lampedusa, abbiamo fatto proprio uno sportello di ascolto, anche per i bambini. Penso alle forze di polizia, che hanno proceduto all’identificazione delle vittime: 368 salme da fotografare, da ricomporre, nessun tipo di addetto ai lavori ha mai visto tanti morti tutti insieme, in questa maniera. Io, che sono stato in quell’hangar, nell’hangar dell’aeroporto dove erano concentrate queste attività, mi sono reso conto che c’erano ragazzi e ragazze giovanissimi, bellissimi, nel fiore della loro esistenza, partiti con una speranza che è naufragata a un miglio e poco più dalla costa di Lampedusa.

D. – La morte di queste centinaia di persone ha dato il via a “Mare Nostrum”. Voi avete avuto un ruolo attivissimo in un’operazione che ad oggi è detta conclusa. L’Italia non può più, l’Europa intende sostituire “Mare Nostrum” con “Frontex plus-Tritone”. Le organizzazioni che lavorano con i migranti sono molto scettiche nei confronti di quello che potrà essere il reale apporto di questa nuova operazione. Voi cosa pensate e se avete timori, quali sono?

R. – Noi ci uniamo allo scetticismo. “Frontex” è un’agenzia europea che ha nel suo Dna il controllo delle frontiere, e quindi, dovrebbe essere declinata anche nell’ambito delle attività "Sar", nelle acque Sar di competenza dei singoli Stati (acque nelle quali viene espletata l’attività di “Search and rescue”, quindi di ricerca e soccorso). “Mare Nostrum” è stata giudicata, dalla comunità internazionale, come una straordinaria missione umanitaria, e i numeri non fanno che suffragare questa opinione. Siamo preoccupati, siamo scettici, perché un dispositivo come “Mare Nostrum” collocato ai margini, esattamente laddove poi si verificano questo tipo di drammi, di naufragi, se dovesse venir meno sicuramente verrà meno un elemento di salvataggio. Quindi, o l’Italia, insieme all’Europa, formula un dispositivo di soccorso di pari efficacia, oppure ci ritroveremo inizialmente sicuramente di fronte a tantissimi morti e a tantissimi naufragi. Ricordiamo che l’unica intenzione dei trafficanti di morte è quella di fare cassa, di fronte a questo dobbiamo capire come gradualmente ridimensionare “Mare Nostrum”, come sostituire “Mare Nostrum” con altre missioni: quello che conta è l’efficacia dell’attività di soccorso. Noi, come corpo di soccorso dell’Ordine di Malta, continuiamo ad essere presenti delle unità navali della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza e della Marina, se ci è richiesto. Continuiamo a prestare la nostra attività di soccorso sanitario a bordo. Certamente, è un problema che va veramente affrontato con grande attenzione. Rischiamo di riproporre dei drammi che speravamo fossero finiti.

D. – L’aspetto più drammatico e più importante è senz’altro il rischio che corrono queste persone. Non dimentichiamo però che a questo punto Lampedusa tornerà ad essere lo scenario di sbarchi che hanno trasformato il panorama dell’Isola in un panorama quasi apocalittico …

D. – Lampedusa, innanzitutto, è il primo esempio dell’ospitalità italiana, perché i lampedusani sono sempre stati pronti a farsi in quattro per questa povera gente. L’hanno fatto nel passato, torneranno a farlo sicuramente, perché è evidente che Lampedusa là dove è collocata, rappresenta il punto di partenza dei soccorsi e quindi anche il punto di arrivo dei migranti aiutati. Certamente dovrà essere riproposto un modello di intervento che contempli anche le esigenze di Lampedusa in quanto territorio italiano. Mai più abbandonare Lampedusa a numeri impressionanti di migranti che vengono soccorsi e lasciati sull’Isola: mai più! Certamente accoglierli, certamente soccorrerli, certamente portarli a Lampedusa per poi però rapidamente ritrasferirli nei punti dove poi verranno smistati anche, speriamo, con un intervento consapevole di un’Europa che non può far finta di nulla.








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