2014-10-02 13:25:00

Sinodo, mons. Paglia: individualismo, vero pericolo per la famiglia


Manca poco all’avvio della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi dedicato alla famiglia, che si aprirà domenica 5 ottobre con la Messa di inaugurazione e che proseguirà fino al 19 ottobre. Un evento molto atteso che si articola sull’Instrumentum Laboris, il documento di lavoro del Sinodo che si basa su tre ambiti: la famiglia di fronte al Vangelo, alle difficoltà e alla trasmissione della vita e della fede. E dunque qual è il problema che oggi mette a rischio la famiglia? Mario Galgano lo ha chiesto a mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia:

R. – Io credo che, per la prima volta nella storia, ci troviamo di fronte ad un cambio radicale di civiltà, da un certo punto di vista, perché non era mai accaduto fino ad ora che quel triplice complesso matrimonio-famiglia-vita fosse mai scomposto. Oggi è come destrutturato e ciascun individuo lo ricostruisce a suo piacimento. Potremmo dire che avviene un po’ una sorta di creazione all’incontrario. Il Signore alla creazione dice: non è bene che l’uomo sia solo. Oggi noi viviamo sotto la convinzione opposta che scompone questo trittico: è bene che l’uomo sia solo, o meglio: è bene che ognuno pensi a se stesso. Ed è qui il problema di fondo, che riguarda certamente la famiglia ma molto, molto di più, perché in quell’atto creativo confermato da Gesù e arricchito ancora maggiormente, in realtà si gioca l’avvenire della società stessa. Qui, a mio avviso, dobbiamo porre un’attenzione assolutamente straordinaria e il compito della Chiesa è quello di dire alla società contemporanea che l’unione tra uomo e donna, la generazione che ne consegue, è un patrimonio dell’umanità che non può essere intaccato, pena la decomposizione della società stessa.

D. – Cosa la colpisce di più delle frasi, dei concetti, che Papa Francesco ha espresso in merito alla famiglia in generale?

R. – Appare evidente la sua preoccupazione per le difficoltà che le famiglie stanno vivendo: il problema del lavoro, il problema dei figli, il problema della disoccupazione, il problema della povertà. E poi, anche le tante famiglie che si sono sfasciate, che sono ferite, che fanno fatica a ricomporsi. Ecco, ho capito immediatamente che più che una sorta di dibattito da salotto su questioni teoriche, bisognasse intraprendere una sorta di lotta corpo a corpo con le famiglie concrete. Quindi, uscire dalle stanze, in questo caso, del Pontificio Consiglio e intraprendere un ideale cammino per confrontarsi con tutte le problematiche enormi delle famiglie ma che credo anche il Sinodo debba esortare a intraprendere a tutte le realtà ecclesiali del mondo intero. E’ cambiata la realtà delle famiglie, è cambiata la cultura che le circonda ed è indispensabile che la Chiesa, sull’ispirazione di Papa Francesco, davvero esca ed entri in tutte le case e in tutte le situazioni per confrontarsi e trovare qualche aiuto per le famiglie di oggi.

D. – Qual è la sfida più ardua da affrontare, per la Chiesa? I divorziati, i risposati, le coppie miste tra cattolici e appartenenti ad altre fedi …

R. – Io credo che la prima sfida in assoluto sia l’individualismo, perché l’individuo, oggi, si esalta a tal punto da piegare tutte le istituzioni a se stesso, compresa la famiglia. E se questo diventa la regola, tutto diventa possibile, tutto diventa frantumabile. Ogni legame stabile diventa troppo pesante. Allora, c’è anche la crisi dei matrimoni religiosi, ma anche di quelli civili, ma anche delle coppie di fatto. Per cui, quello che vediamo crescere soprattutto nei Paesi occidentali, è lo stare da soli. Ora, questa – secondo me – è la grande sfida, che è una sfida spirituale, culturale, antropologica ed è risolvendo o curando questa che poi ne consegue anche la cura per tutto il resto. Se c’è questa assunzione di responsabilità di legame, che parte dalla famiglia, allora è possibile anche risolvere tutto il resto, senza grandi cambiamenti. Il vero nodo è che oggi il virus non è nelle coppie di fatto o nelle coppie omosessuali o altrove: il virus è prima. Ha già avvelenato prima la vita. Oggi si dice: ogni modo di stare assieme può essere famiglia. Se ‘tutto’ può essere famiglia, niente è famiglia e chi resta è solo l’Io. Sull’altare dell’io si sacrifica tutto: famiglia, affetti, persino la propria stessa vita.








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