2014-10-03 14:31:00

Siria: jihadisti attaccano enclave curda di Kobane


Si allarga anche all’Australia la coalizione che sta combattendo in Iraq e Siria i jihadisti dell’Is, mentre sul terreno la situazione peggiora. Gli estremisti islamici avanzano in Siria alla periferia di Aleppo e a Est e a Sud della città strategica di Kobane, l’enclave curda al confine con la Turchia, che Ankara si prepara a proteggere con l’intervento militare varato ieri dal Parlamento. La Turchia diventa così tra i protagonisti assoluti del conflitto, come spiega al microfono di Gabriella Ceraso, Valentina Scotti, ricercatrice alla LUISS ed esperta dell’area:

R. - Mi sembra assolutamente una decisione in linea con i progetti che la Turchia porta avanti da tempo, quindi l’accreditamento ulteriore del Paese come potenza regionale in accordo anche con i Paesi arabi che accettano posizioni moderate. La scelta conferma anche la scelta della Turchia di essere un attore importante all’interno delle decisioni strategiche occidentali - non dimentichiamo che comunque la Turchia è il secondo esercito della Nato - e, anzi, questa decisione sembra riprendere una linea di continuità che era stata interrotta quando venne negato l’utilizzo delle basi turche per l’intervento in Iraq nella Seconda Guerra del Golfo; la scelta risolve finalmente anche quella grande critica che a livello internazionale era stata mossa alla Turchia, quando adducendo la ragione degli ostaggi in mano allo Stato islamico, si era detto che la Turchia non poteva - almeno per il momento - intervenire.

D. - Perché questa città di Kobane è così importante?

R. - Perché da un lato rappresenta il luogo dove c’è la tomba del nonno del fondatore dell’impero ottomano Suleiman Shah; quindi per la storia del Paese vedere questa tomba cadere in mano ai miliziani dell’Is sarebbe uno smacco storico, ed è allo stesso tempo una forte enclave curda.

D. - Quindi proteggerla potrebbe anche significare gestire meglio la questione dell'autonomia dei curdi?

R. - Proteggerla significa intanto dimostrare che il governo di Ankara è dalla parte dei curdi: ha desiderio di proteggere i curdi, riconfermando così una volontà di pacificare la situazione nell’ottica di politiche che sono state avviate da tempo.

D. - C’è anche però nell’intervento della Turchia l’obiettivo di creare zone cuscinetto per trattenere i profughi curdi in territorio siriano?

R. - Sicuramente è anche una misura di contenimento di una grande massa di popolazione che si sposta verso la Turchia. Dobbiamo, con un po’ di realismo, riconoscere che se da un lato è vero che la Turchia vuole mantenere aperte le politiche con i curdi, dall’altro un eccessivo aumento di popolazione curda in Turchia potrebbe rafforzare poi la loro posizione nei negoziati.

D. - Questo intervento della Turchia invece sul fronte del contrasto al regime di Assad che cosa potrebbe significare, dato che Erdogan lo considera responsabile addirittura della nascita dello Stato islamico?

R. - Erdogan accusa Assad. In realtà il regime di Assad non è mai stato un regime amico della Turchia. Per grande parte dell’opposizione – soprattutto parlamentare – la scelta di Erdogan di intervenire è infatti strettamente legata alla volontà di abbattere definitivamente il regime, un po’ come se legittimando il proprio intervento in ragione della necessità di difendere Kobane, la Turchia ottenesse una sorta di legittimazione ad intervenire massicciamente in Siria, abbattere il regime e sostituirlo con un “ordinamento più amico”, per così dire.

D. - Anche perché in passato la Turchia è stata accusata più di una volta di aver chiuso un po’ gli occhi al passaggio attraverso il confine di militanti che poi sono andati a nutrire la rivolta islamica o di qaedisti o di volontari stranieri dello Stato islamico ...

R. - Quello che è certo è che Erdogan adesso si è reso conto che effettivamente i miliziani dell’Is o comunque queste persone favorevoli alla prosecuzione del califfato e all’estensione territoriale anche del califfato, vanno contro quelli che sono gli interessi della Truchia e quindi la Turchia ha deciso di intervenire.








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