2014-10-06 15:16:00

Sinodo. Mons. Forte: dottrina cristiana non è clava che giudica


La dottrina non è una “clava che giudica” ma uno “sguardo di misericordia di Dio sull’uomo. Alla prima conferenza stampa di apertura del Sinodo, è stata questa una delle risposte principali offerte dai padri sinodali ai media che chiedevano in che modo un Sinodo di indirizzo pastorale possa discutere dei problemi attuali riguardanti la famiglia senza mettere in discussione la dottrina. Il servizio di Alessandro De Carolis:

È il Sinodo delle “novità” perché il primo a volerlo nuovo è stato Papa Francesco. Prima di tutto in alcuni degli elementi base ma tutt’altro che marginali, come la lingua e la modalità di redazione della relazione introduttiva che - ha spiegato ai giornalisti il suo autore, il cardinale Peter Erdö - è stata elaborata per la prima volta tenendo contro degli interventi dei Padri sinodali:

“Non si parla più del latino come lingua ufficiale. Questo ha facilitato un po’ il lavoro del relatore generale. Ricordiamo negli anni passati, quando ascoltare per un’ora una pre-lezione in latino non era facile per tutti. Questa volta, invece, si poteva e si doveva parlare in italiano. Altri cambiamenti più sostanziali sono stati introdotti riguardo al contenuto e al metodo di redigere la relatio ante disceptationem, (…) era prevista la possibilità di prendere in considerazione anche il contenuto di qualche intervento scritto, inviato in precedenza alla Segreteria del Sinodo”.

A interessare trasversalmente le domande dei giornalisti sono state le questioni già al centro da mesi dell’attenzione mediatica e riguardanti soprattutto le difficoltà che vivono le famiglie che si sentono escluse dalla vita ecclesiale per una condizione – come quella dei divorziati risposati, ad esempio – che non permette loro di avere una vita sacramentale. Dare risposte pastorali a questi casi, è stato osservato dai giornalisti in Sala Stampa, costringerà a modifiche della dottrina cristiana? Questa l’opinione sul punto del segretario speciale del Sinodo, mons. Bruno Forte:

“’Anime da salvare’, questo vuol dire pastorale. Cioè, non che gli aspetti dottrinali siano ignorati, ma che la dottrina non ha valore astratto in sé – quasi che debba essere ribadita come una clava in ogni momento – ma la dottrina è un messaggio di salvezza. Al centro della dottrina c’è la carità di Dio e c’è la misericordia. Io credo che questo sia il punto veramente fondamentale: dire quella che è la fede della Chiesa - e certamente su questo non è che la fede della Chiesa cambia – ma dirla guardando alle persone concrete reali, perché essa non sia sentita come una clava che ti giudica, ma come uno sguardo d’amore e di misericordia che ti raggiunge".

Molto diretta, e realistica, anche la risposta del presidente delegato del Sinodo, il cardinale Vingt-Trois, a chi, nonostante le annunciate novità sinodali, notava nell’assise vaticana una carenza di vero “dibattito”. Il Sinodo, ha affermato, è molto diverso da un parlamento, dove una maggioranza vince e una minoranza deve adeguarsi:

“Non siamo là per conquistare maggioranze su posizioni presentate: siamo là per lavorare al fine di fare crescere una volontà comune nella Chiesa. Evidentemente, dato che si tratta di fare risultare una volontà comune, non di decidere praticamente quel che si farà in ciascuna diocesi del mondo – sarebbe completamente illusorio – la volontà comune sarà di mobilitarsi su obiettivi il più preciso e il più chiaro possibili, e che lascino tutto lo spazio di azione e di messa in pratica alle Chiese particolari”.

Mons. Bruno Forte ha voluto aggiungere un commento sulla storia recente dei Sinodi, modificati proprio perché, ha detto, consentissero una autentica libertà di espressione:

“Il Sinodo appariva, ad un certo punto, troppo ‘ingessato’ e fu credo proprio Papa Benedetto che volle che si inserisse - al di là degli interventi programmati - la discussione libera, che non è semplicemente un’aggiunta coreografica, ma è veramente un momento di discussione franca, aperta, se naturalmente chi interviene ha quella libertà e quella ‘parresìa’ di farlo. Quindi, c’è stata una maturazione nel cammino sinodale che certamente consente, oggi, un passo avanti più importante”.

Maturazione, ha soggiunto, che deve molto a Papa Francesco:

“Papa Francesco crede fortemente nel valore della sinodalità, letteralmente nel camminare insieme, e quindi già nel suo intervento di questa mattina – l’avrete notato – questo forte richiamo alla libertà, alla ‘parresìa’, al fatto che ognuno deve parlare dicendo veramente – veramente! – quello che gli sta a cuore, quello che sente urgente per la Chiesa di oggi (…) a parlare con libertà, a essere vescovi (…) che portano il cuore della gente, i suoi problemi e le sue speranze nella ricerca comune”.

In apertura di conferenza stampa – alla quale ha preso parte anche uno dei padri sinodali, mons. Carlos Aguiar Retes, vescovo di Tlalnepantla, presidente del Celam – il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha riferito che al termine della Relazione introduttiva, i cardinali Maradiaga, Martinez Sistach, Takeo Okada, Napier e Marx si sono alternati per circa mezz’ora in un primo giro di commenti liberi, dai quali – ha detto padre Lombardi – è emerso un “apprezzamento per le relazioni iniziali”, per il “metodo” di lavoro, in particolare per la tematizzazione delle riunioni, e accenni ai temi centrali del Sinodo quali il matrimonio, l’importanza della trasmissione della fede da una generazione all’altra, il prosieguo dell’assemblea, che vivrà la sua seconda parte con la Sessione ordinaria del 2015.








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