2014-10-09 12:13:00

Libano. Il nunzio a Beirut: situazione profughi insostenibile


Cresce la tensione in Libano: il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha espresso profonda preoccupazione per le infiltrazioni in territorio libanese compiute dai miliziani del Fronte al-Nusra, affiliato ad al-Qaeda, e dai jihadisti del sedicente Stato Islamico. Ban teme anche per il fatto che i partiti libanesi non siano ancora riusciti a eleggere un nuovo presidente, sottolineando che il vuoto politico ''aumenta la fragilità del Paese''. Il mandato del presidente libanese Michel Suleiman è scaduto il 25 maggio. Intanto si fa sempre più difficile la situazione dei tanti profughi presenti in Libano. Sulla situazione, Tracey McClure ha intervistato il nunzio a Beirut, mons. Gabriele Giordano Caccia:

R. – Il Libano risente dall’inizio della cosiddetta situazione di instabilità in Siria, della guerra, di un afflusso enorme di persone che lasciano la Siria e si rifugiano in Libano. Ufficialmente, registrati presso le Nazioni Unite, ci sono ormai un milione e 300 mila persone. Si può presumere che non tutti siano registrati e certamente gli sviluppi sul terreno in Iraq e in Siria fanno presagire che questo numero potrebbe ancora aumentare. Naturalmente, questo ha ripercussioni enormi e quasi insostenibili in un piccolo Paese di 10.500 chilometri quadrati, con una popolazione di circa quattro milioni di abitanti: questo significa quasi un quarto della popolazione – anzi di più! – con problemi di alloggio, con problemi di lavoro, con problemi che riguardano la salute, con problemi per i ragazzi della scuola, e anche con problemi di sicurezza, perché tra le tante persone che arrivano – diseredate, povere, in cerca di un po’ di pace – si possono infiltrare facilmente anche persone che hanno altri scopi. Per di più, nell’ultimo mese, alla frontiera abbiamo visto anche azioni di aggressione all’esercito libanese e attualmente ancora ci sono soldati libanesi ostaggio di questi gruppi. Quindi, la situazione è certamente segnata da una instabilità e la presenza dei rifugiati e la necessità di andare loro incontro da un punto di vista umanitario non può essere lasciata alle sole forze del Libano: occorre un sostegno internazionale.

D. – Abbiamo visto una coalizione internazionale intervenire in Siria e in Iraq …

R. – Quello che ha suscitato lo stupore e la meraviglia, ma anche la rabbia, sono stati gli atti disumani e le barbarie commesse in Iraq. Questo ha ricordato alla comunità internazionale la necessità di fermare un aggressore. Ora, la Santa Sede ribadisce che c’è una comunità che ha questa responsabilità e ci sono dei meccanismi previsti anche dalle Nazioni Unite. Si auspica che la buona volontà manifestata da molti, di disarmare e di fermare queste entità terroristiche ed extra-statali o sopra-statali, possa trovare un consenso attraverso i meccanismi già previsti dalle Nazioni Unite, in modo che sia una risposta globale, umanitaria e che non significhi, invece, un’ulteriore scissione, un’ulteriore divisione all’interno di interessi e di campi politici.

D. – Sembra tanto tempo fa, il viaggio di Benedetto XVI in Libano, quando portò l’Esortazione Apostolica per la conclusione del Sinodo per il Medio Oriente. Quanto è cambiato in Libano, da quel momento?

R. – Direi che molte cose sono cambiate, e per il peggio, nella regione, però il Libano alla fine rimane ancora l’unico esempio per uscire da questa situazione caotica. In realtà, che cosa si domanda in Iraq? Si domanda che ci sia un governo capace di coinvolgere tutte le realtà e le comunità presenti sul territorio. Che cosa si domanda in Siria? La stessa cosa: che ci sia una compartecipazione nella gestione, nell’amministrazione dello Stato e del potere da parte di tutte le componenti, non una che prevalga sull’altra. Ora, in Libano questo avviene e in questo senso il Libano rimane un messaggio e anche un punto di ispirazione, perché in fondo tutti stanno cercando una soluzione che vada in questa direzione. Per cui, io direi che il Libano – benché piccolo – ha una sua funzione profetica e anche, in un certo senso, dà la speranza che questo desiderato accordo e questa vita insieme non solo saranno possibili, in futuro, ma già sono di fatto possibili ed esistono, una realtà del Medio Oriente che è – appunto – il Libano.








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