2014-10-09 20:14:00

Siria: libertà vigilata per padre Hanna, parroco di Knayeh


I raid aerei non fermano l’avanzata dei jihadisti del sedicente stato islamico verso Kobane, nel nord della Siria, al confine con la Turchia. I miliziani controllerebbero circa un terzo della città, e i peshmerga curdi non riescono a frenare l’offensiva. Intanto è stato liberato il francescano padre Jallouf. Servizio di Francesca Sabatinelli:

Sono giorni che le bandiere nere del sedicente Stato islamico sventolano al confine tra Siria e Turchia, ma Ankara continua a prendere tempo e in aiuto dei curdi ci sono solo i raid aerei della coalizione che però non frenano l’avanzata jihadista. In Iraq, anche proseguono le incursioni aeree che oggi, secondo alcune fonti, avrebbero ucciso oltre 200 miliziani nei pressi di Ramadi, nel nord del Paese. La Turchia intanto continua ad essere sollecitata dalla comunità internazionale affinché proceda con un intervento di terra senza condizioni, ma Ankara torna a chiedere la creazione di una zona cuscinetto in Siria, una no fly zone e la deposizione del presidente siriano Bashar al Assad. Sempre dalla Siria è intanto arrivata la notizia della liberazione del frate francescano Hanna Jallouf, rapito alcuni giorni fa dal fronte al Nusra, legato ad Al Qaeda, assieme ad altri cristiani, anche loro rilasciati. Padre Jollouf è quindi ritornato nel convento di Knayeh, il suo villaggio dal quale però non potrà uscire, in attesa del processo al quale lo sottoporrà il Tribunale islamico.

La situazione è sempre più difficile soprattutto per le minoranze, quella cristiana in particolare. Giancarlo La Vella ne ha parlato con l’on. Mario Marazziti, presidente del Comitato Permanente sui Diritti Umani della Camera dei Deputati:

R. - Qualcosa da fare subito? Intanto decidere che questo è un qualcosa che ci riguarda! Noi abbiamo avuto il padre Hanna, attraverso di lui, con la Comunità di Sant’Egidio e i francescani, aiutavamo la popolazione civile: adesso è stato liberato, ma questo denota una situazione che è drammatica! Non c’è solo padre Dall’oglio, di cui non abbiamo notizie: abbiamo due vescovi di Aleppo, abbiamo intere comunità fuggite dalla Piana di Ninive, adesso rifugiate nella zona curda. Per questi c’è un grande bisogno di aiuto umanitario immediato. C’è poi il problema di bloccare almeno la compravendita del petrolio da parte del cosiddetto Califfato, perché evidentemente controllano dei pozzi, ma se non li vendi a nessuno quei pozzi non sono nulla. Bisogna che la coalizione internazionale cominci a funzionare, perché ci sono Paesi anche del mondo arabo e islamico - penso alla Turchia - che devono dare segni importanti di stare dalla parte della vita civile e non dell’oppressione della vita.

D. - Neutralizzare il sedicente Stato Islamico vuol dire risolvere la situazione o c’è qualcos’altro ancora da affrontare?

R. - No! Qui ci sono errori decennali, ventennali: praticamente abbiamo assistito alla distruzione dell’Iraq, quando si voleva aiutare - con l’esportazione della democrazia - la fine di una dittatura; abbiamo assistito alla distruzione della Libia, quando - in maniera ingenua o sconsiderata - per combattere Gheddafi si è lasciato che un intero Paese implodesse. E la Siria, in realtà, non ha visto una sorta migliore: oggi abbiamo sei milioni di profughi interni; tre milioni di profughi all’estero; e anche 200 mila morti. Tutto questo per contrastare un Paese autoritario, ma armando gruppi laici e poi piano piano sempre più radicali, dal punto di vista dell’ideologia. Quindi la scelta di armare, per contrastare il regime di Assad, è una scelta che mi pare - nei fatti - sia da considerare completamente sbagliata! Oggi si tratta di provare a chiudere lo scontro con i gruppi armati, quindi a costruire delle “zone liberate”, attorno alle quali si può creare un accordo tra Comunità internazionale, governo di Assad e una parte dei combattimenti, isolando progressivamente la parte irriducibile a un dialogo e direi che questa si chiama Isis e al-Nusra.








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