2014-10-10 14:01:00

Scontri India-Pakistan per il Kashmir: almeno 20 morti


Almeno 20 morti e migliaia di evacuati per la nuova fiammata di violenze scoppiata tra le truppe pakistane e indiane lungo la frontiera nella contesa regione del Kashmir. Oggi i media indiani segnalano un miglioramento della situazione lungo la cosiddetta Linea di Controllo mentre continua lo scambio di accuse tra i due governi. Sentiamo Marco Guerra:

Da lunedì scorso la situazione lungo il confine indo-pakistano nel Kashmir ha raggiunto i massimi livelli dall’accordo per il cessate il fuoco del 2003 tra Nuova Delhi e Islamabad. I tiri di artiglieria e le sparatorie tra i due eserciti hanno provocato almeno 20 morti e la fuga di almeno 20mila persone dai villaggi vicini al confine. Ed è scambio di accuse tra i due governi nazionali, con quello indiano che imputa al Pakistan di favorire il passaggio di miliziani nel Kashmir, mentre stamane il premier pakistano Sharif ha chiesto all'India di sospendere immediatamente gli attacchi. E sempre oggi i media indiani segnalano un miglioramento della situazione lungo la ‘Linea di Controllo’, frutto anche del pressante appello lanciato ieri dal segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, il quale ha chiesto a India e Pakistan di utilizzare il dialogo per risolvere le loro divergenze. Ma per un analisi di queste nuove tensioni, alla luce dell’annosa questione del Kasmir, sentiamo  il commento di Romeo Orlandi, vice-presidente di Osservatorio Asia:

R. – E’ la recrudescenza di una storia antica, mai sopita e mai risolta! Poi possono esplodere tensioni, addirittura causare morti, per circostanze occasionali, ma la tensione, che è nata al tempo della partizione dell’India, nel 1947 - quando cioè il Kashmir è andato all’amministrazione indiana di Nerhu e non al Pakistan, come avrebbe suggerito la ripartizione tra linee religiose – che ha causato il risentimento del Pakistan e della popolazione musulmana, che vive lì e che si sente sotto stato d’assedio. L’India non ha mai voluto internazionalizzare la questione, perché pensava che fosse una questione interna, e il Pakistan non cede: la popolazione continua a rimanere ostile nonostante alcuni segnali e alcuni progressi economici. Che poi esploda qualche cosa ogni tanto è nell’ordine delle cose, anche se è un ordine – purtroppo – tragico.

D – Quindi ci sono questioni etniche o c’è dell’altro? Perché quest’area resta così instabile e contesa?

R. – Originariamente ci sono questioni etniche e religiose: la divisione dell’India era stata fatta secondo linee prevalentemente religiose, soprattutto da quella parte, dall’amministrazione inglese che ha gravissima responsabilità su quello che è successo. A queste tensioni, a queste divisioni religiose, però, si sono poi assommate delle divisioni fortissime, perché sia in India che in Pakistan hanno prevalso i servizi di sicurezza o l’esercito, chi ha cioè tenuto in vita questa tensione - anche per proprie ambizioni e interessi personali – piuttosto che puntare più concretamente sullo sviluppo economico. Sono due Paesi ancora estremamente arretrati e il fatto che abbiano la bomba atomica non depone in loro favore: magari queste energie e risorse sarebbero potute essere rivolte allo sviluppo economico.

D. – Il fatto appunto che siano due potenze nucleari non sembra fare da deterrente…

R. – No, direi proprio di no! Anzi, sembra che ci sia una rincorsa, anche se la connotazione dei governi sembra quella di voler fermare talvolta gli istinti bellicisti, che andrebbero eliminati perché altrimenti abbiamo situazioni di sottosviluppo, di analfabetismo fortissimo - tra il 35 e il 40 per cento nei due Paesi - e che altri Paesi non lontani da lì, come la Cina, hanno risolto da tempo.

D. – Il Nobel per la Pace è andata alla pachistana Malala e all’attivista indiano per i diritti umani, Kailash Satyarthi: può essere un messaggio di distensione?

R. – Assolutamente sì! E’ una scelta nobile e lungimirante. La speranza è che venga raccolta!








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