Ancora violenza in Iraq per mano dei jihadisti dell’Is: oggi almeno 20 morti si registrano nella città curda di Qara Tapah, a causa dell’esplosione di tre autobombe, mentre in altrettanti attacchi nella capitale Baghdad sono rimaste uccise 38 persone. Nel Paese prosegue l’esodo delle famiglie cristiane che rifiutano di convertirsi all’Islam e si trovano a essere, quindi, sfollati nella propria patria, come racconta, al microfono di Olivier Bonnel, il patriarca di Babilonia dei Caldei, mons. Louis Raphael Sako, presente al Sinodo sulla famiglia:
R. – Tous ces familles là, qui ont été déplacé de leurs maisons…
Tutte queste famiglie che sono sfollate, sono state
costrette a lasciare le loro case perché si sono rifiutate di convertirsi all’islam:
si tratta di veri testimoni di Cristo perché hanno confessato pubblicamente la loro
fede. E’ per questo che i Padri sinodali hanno voluto inviare un messaggio di incoraggiamento
e di gratitudine a tutte queste famiglie che hanno custodito la loro fede, nonostante
tutte le difficoltà e tutte le pressioni.
D. – Cosa si può fare perché la situazione possa cambiare?
R. – C'est-à-dire, regardant toute la politique internationale…
Questo riguarda tutta la politica internazionale:
ci sono presidenti, uomini politici che dicono che tutto questo proseguirà per tre
anni e forse più… Questo è veramente scoraggiante! Ma credo che oggi ci sia una speranza
in più, perché forse in Iraq la situazione ora potrà cambiare con il nuovo governo
e anche perché l’esercito curdo, rifornito di armi dalla comunità internazionale,
si è rafforzato. Io credo he sia necessario un intervento sul terreno per liberare
i villaggi di questi cristiani e di queste altre minoranze, così che possano ritornare
nelle loro case. Non bisogna incoraggiare le migrazioni!
D. – Quindi, lei pensa a un intervento di terra della comunità internazionale per sradicare lo Stato islamico…
R. – Je vois que c'est un peu lent. Puis il y a les intérêt…
Io credo sia un po’ lenta, ma ci sono gli interessi…
E’ tutto molto complicato. E questo non è un bene per queste popolazioni. La comunità
internazionale cerca i suoi interessi economici, senza rendersi conto – e forse quando
lo farà sarà troppo tardi – che questi gruppi fondamentalisti rappresentano un rischio
per il mondo intero.
D. – Cosa si aspettano le famiglie cristiane irachene da questo Sinodo?
R. – Bien sûr, on attend beaucoup...
Certamente, si attendono molto e sperano che la Chiesa
aggiorni anche gli insegnamenti. Bisogna preparare le famiglie a vivere un ideale
cristiano forte e chiaro. Ci si aspetta dal Sinodo un messaggio che sia breve, chiaro,
molto solido e comprensibile perché le famiglie possano vivere la loro fede e il Vangelo
della gioia nella loro vita quotidiana, nonostante tutte le difficoltà. Ci sono grandi
temi, come amore, fedeltà, pazienza e anche sacrificio: il matrimonio non è una felicità
egoista… E’ qualcosa più grande! E’ formare una famiglia che sia immagine del Dio
Trinitario.
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