2014-10-12 11:41:00

Ucraina. Mosca ritira truppe. Mons. Schevchuk: vogliamo libertà


Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ordinato oggi il ritiro delle truppe russe schierate nell’area meridionale di Rostov, al confine con l’Ucraina. Ad annunciarlo è il Cremlino. Intanto, nonostante la tregua di Minsk, si continua a morire a Donetsk. Nelle ultime 24 ore, hanno perso la vita tre civili e altri quattro sono rimasti feriti. In agenda, il prosimo 16 ottobre  a Milano, l’incontro tra il presidente ucraino, Poroschenko, e il suo omologo russo Putin, per una nuova ripresa di negoziati. Sulla situazione in Ucraina, padre Taras Kotsur ha intervistato l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk:

R. – Adesso, in Ucraina, stiamo vivendo tre realtà. Un grande dolore: ogni giorno, infatti, anche questo mese, dopo che è stata dichiarata la tregua, più di 50 soldati ucraini e molti civili sono stati uccisi. Anche a livello internazionale non si è riusciti a passare dalla tregua alla pace. Questo è il primo grande bisogno e desiderio che abbiamo. Il secondo desiderio è la libertà e la dignità. Vediamo in questi territori di confine nuovi campi di concentramento, nuove fosse comuni, sono annunciate liste di persone destinate a essere uccise... Sono atrocità. C’è un grande desiderio di libertà. Terzo, la speranza. Anche se viviamo questo periodo di dolore, noi abbiamo la speranza, siamo cristiani. Questa nuova Ucraina che sta nascendo nel dolore è un’Ucraina, una società che include nel concetto stesso della nazione ucraini, russi, ebrei, polacchi, ungheresi, tutti quelli che vivono in Ucraina: cattolici, ortodossi, musulmani, protestanti ed ebrei. È una nuova nazione che sta nascendo e questo ci dà veramente una grande speranza.

D. – In che modo la comunità internazionale potrebbe aiutare la riconciliazione nel Paese?

R. – Questa è una domanda che bisogna fare agli stessi diplomatici e politici. Il dovere di noi cristiani, di noi vescovi, è essere portavoce di questo desiderio del popolo ucraino e, dall’altra parte, aiutare a costruire alcuni fondamenti. Secondo me, bisogna fare ogni sforzo di mediazione di pace, per far cessare il fuoco non a livello delle dichiarazioni, ma a livello pratico, come primo passo. Poi, bisogna sottolineare che l’Ucraina ha scelto l’integrazione nell’Unione Europea. Siamo un Paese europeo e come tale vogliamo essere riconosciuti e difesi.

D. – C’è un appello particolare che vorrebbe fare attraverso il microfono della Radio Vaticana?

R. – Anzitutto, vorrei ringraziare tutti gli italiani per la preghiera e la solidarietà, perché la Conferenza episcopale italiana aveva annunciato una domenica di preghiera per la pace in Ucraina. E colgo questa occasione per ringraziare tutti quelli che hanno pregato e pregano per la pace. Chiediamo solidarietà, perché adesso l’Ucraina sta affrontando il fenomeno dei rifugiati. Abbiamo quasi mezzo milione di rifugiati ucraini. Adesso, nel Sinodo della famiglia bisogna ricordare che anche la Sacra Famiglia ha vissuto un periodo di esilio ed è stata rifugiata. Ringraziamo, quindi, sia per la preghiera sia per la solidarietà.








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