2014-10-13 11:37:00

Scontri in Centrafrica. Parroco di Bangui: forze Onu passive


Grande tensione a Bangui, la capitale della Repubblica Centrafricana, dove da una settimana si susseguono scontri tra opposte fazioni armate. Dal 15 settembre scorso le forze dell’Onu (Minusca) pattugliano la città, ma l’instabilità iniziata nel marzo 2013 non sembra avere fine. Forte è la paura che il conflitto possa assumere una connotazione religiosa, per l’espansione anche in Africa dell’estremismo islamico. Sulla situazione Sergio Centofanti ha intervistato il nuovo parroco della Cattedrale di Bangui, don Mathieu Bondobo:

R. – Tante persone sono state uccise. La città è paralizzata non soltanto dalla paura, perché nella capitale ci sono combattimenti tra vari gruppi armati, ma anche per lo sciopero dei conduttori di taxi e autobus, perché uno di loro è stato ucciso. Quindi dalla settimana scorsa la città è paralizzata. Questa mattina la vita sta riprendendo, però c’è ancora un livello di insicurezza forte nella capitale. La gente vive nella paura: ci sono delle persone armate che vanno a rubare nelle case, rubano le macchine, aggrediscono le persone… E’ un clima di paura!

D. – La Chiesa che cosa può fare in questa situazione?

R. – La Chiesa ha sempre cercato di far sentire la sua voce, di intervenire. La Chiesa è a favore della pace e cerca di parlare ai cuori delle persone, iniziando dalla preghiera, perché il nostro aiuto viene dal Signore. Quindi la Chiesa fa questo: prega e - allo stesso tempo - apre questo corridoio di dialogo… L’unica chiave è questa: parlare e cercare di capirci per uscire da questa situazione, perché con la guerra non possiamo risolvere nulla. La guerra dà vita alla guerra: è una catena, ma noi non possiamo rimanerci chiusi dentro. La Chiesa è a favore della pace, la Chiesa offre la sua voce, la Chiesa incontra le persone, la Chiesa cerca di dare il contributo che è sempre importante in questa situazione.

D. – Si sente la presenza delle forze dell’Onu oppure no?

R. – Questa è una bella domanda. A dire la verità, le forze dell’Onu ci sono: a volte sembra che non agiscano per impedire ciò che sta accadendo, a volte sembra che aspettino che accada il peggio… E’ solo da quel momento che incominciano ad intervenire. Quindi, la popolazione sta cominciando a farsi delle domande su tutto questo, perché non capisce più quale sia il ruolo dell’Onu: alcune di queste situazioni – a dire il vero – si sarebbero potute impedire, se le truppe dell’Onu fossero intervenute prima per fermare tutto questo. C’è un po’ una forma di passività nel loro modo di agire e questa passività non aiuta la popolazione! Il popolo del Centrafrica ha sofferto tantissimo: stiamo dicendo basta alla guerra, ma sembra che la fine di tutta questa situazione sia ancora lontana. Sembra che siamo ancora dentro un sistema che non sappiamo dove ci stia portando.

D. – C’è la paura che l’integralismo islamico entri anche in Centrafrica?

R. – Diciamo che la paura c’è nell’aria, speriamo che non diventi una realtà. Sappiamo che tra questi ribelli ex-Seleka ci sono tanti mercenari di guerra, gente che vivono soltanto per combattere … Quindi c’è anche il rischio del fanatismo, che ovviamente si sente nell’aria. Speriamo che questo non accada. Non siamo ancora a questo punto, ma si sente nell’aria…

D. – Quali sono le speranze?

R. – Le speranze non ci devono mancare! Anche se – ripeto – sembra che ci troviamo in una situazione dove l’uscita non si vede! Vogliamo che questa nostra speranza non sia solo un sogno. Bisogna che questa speranza sia una cosa vera e che le Nazioni Unite e tutti i Paesi del mondo, che ci stanno aiutando, ci diano veramente una mano nel senso vero del termine, per uscire da questa situazione. Il Paese non ha un esercito nazionale: questo è un tema importante. Quindi quando siamo aggrediti, chi ci difende? Queste truppe delle forze internazionali che sono qua? E se loro tardano ad intervenire è peggio! Siamo abbandonati! Tutto comincia però dal popolo del Centrafrica: dobbiamo anche noi convertire il cuore, convertire la nostra mentalità. Perché questo è il nostro Paese e dobbiamo cominciamo ad amarlo: lì sarà l’inizio di una speranza vera! Fin quando continueremo a combatterci fra di noi, questa speranza sarà sempre lontana!

D. – Ma cosa c’è dietro questa crisi centrafricana? Ci sono interessi?

R. – Ci sono senza dubbio degli interessi: questo è il mio parere. Il Paese è tra i più poveri al mondo, ma quando poi si vedono le ricchezze che ha … sembra un grande paradosso! Diamanti, oro, foreste, cotone, uranio… ma il Paese è povero: come si spiega questo? Una piccola analisi della situazione che stiamo vivendo, la storia del Centrafrica, ti fa capire che ogni volta che questo Paese comincia ad avere un inizio di sviluppo forte, arriva un colpo di Stato, che blocca tutto e si ricomincia da capo... Sembra che ci sia una mano dietro - mi viene da dire questo – proprio per gli interessi … ma non è giusto! Non è giusto!








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