2014-10-15 14:52:00

Iran. Reyhaneh, più vicina impiccagione. Famiglia lancia appello


Rischia di precipitare la situazione per Reyhaneh Jabbari la 26.enne iraniana condannata all’impiccagione, dal 2009, per l’omicidio dell’uomo che l’ha violentata. "E’ stata legittima difesa", ha sempre detto la ragazza confessando il gesto, ma finora non c’è stato un processo giusto, né una tutela legale. La sentenza, più volte rimandata, potrebbe avvenire ad ore. Di qui, l’urgenza di una più forte mobilitazione internazionale già avviata da mesi sul web, come spiega Taher Djafarizad, portavoce dell’Ong Neda Day che segue il caso,  al microfono di Gabriella Ceraso:

R. - Poco fa, fa c’è stato l’ultimo incontro tra i famigiari di Reyaneh, cioè il papà e la mamma, più l’avvocato di Reyaneh, con il figlio maggiore della vittima, alla presenza di due esponenti del governo iraniano, in cui la madre di Reyaneh ha supplicato di perdonare la propria figlia perché sua figlia ha subito lo stupro. Nonostante tutta l’insistenza da parte dei famigiari di Reyaneh, il figlio maggiore ha chiesto per l’ennesima volta che Reyaneh debba accettare per forza che non si sia verificato nessun tipo di stupro. Reyaneh preferisce essere impiccata che dire una bugia, perché lei ha subito questo stupro, per cui l’ultima soluzione è l’impiccagione. I familiari di Reyaneh quindi si sono messi in contatto con me e mi hanno detto che aspettano la mobilitazione internazionale: l’unica salvezza prima di tutto viene dall’Europa, perché l’Iran sta tentando di avere un rapporto con il mondo occidentale.

D. – Basterebbe una decisione del governo iraniano, un giusto processo per questa ragazza. L’appello dunque potrebbe essere proprio in questi termini?

R. – E’ solo questo. E’ intervenuto anche il presidente del parlamento europeo, Martin Schultz, che ha chiesto la riapertura del processo. Se non intervengono, questa povera ragazza viene condannata due volte: la prima volta con lo stupro e la seconda quando verrà impiccata.








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