2014-10-16 06:56:00

Card. Parolin: I Guerra mondiale "interminabile catastrofe"


La prima guerra mondiale “rimane tuttora nella memoria comune come una immensa tragedia, le cui conseguenze si fanno ancora sentire all’alba del XXI secolo”. Lo ha detto il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aprendo ieri pomeriggio - come riferisce il Sir - il Convegno internazionale “Inutile strage. I cattolici e la Santa Sede nella Prima guerra mondiale” promosso dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche.

“Si contava - ha ricordato il cardinale - su una guerra breve; fu una interminabile catastrofe. Si immaginava una guerra di movimenti; fu una guerra di posizione e di logoramento con 800 chilometri di fronte, dalla Svizzera al Mare del Nord. Un sentimento diffuso di esaltato ed eccessivo ottimismo dava per scontata, nei vari campi, la vittoria; il conflitto ha mobilitato 65 milioni di soldati, cancellato tre imperi, fatto 20 milioni di morti, civili e militari, e 21 milioni di feriti”. Il 2 agosto 1914, diciannove giorni prima di morire, il Papa San Pio X, ha detto il segretario di Stato tracciando un ampio “excursus” sull’impegno dei Papi a favore della pace, “fece sentire la sua voce, per scongiurare il pericolo della guerra”. La sua “Dum Europa” è “un testamento di pace fra i più alti che siano stati consegnati alle future generazioni”, eppure “non fu ascoltato e l’Europa cadde nel precipizio di una immane tragedia”.

“Nei conflitti - ha affermato il card. Parolin - la Santa Sede seguiva una via che non è quella della mera neutralità, bensì quella della perfetta imparzialità e della beneficenza. Mentre la neutralità di uno Stato implica una certa estraneità se non indifferenza rispetto alla sostanza di un conflitto tra terzi e agli interessi dei belligeranti, l’imparzialità contiene in sé un agire, ispirato ad una rivendicata equità, nonché orientato a un bene superiore”. Benedetto XV scelse di muoversi “su questa difficile ed ardua linea di condotta”, per esortare ad una “pace giusta e duratura” e cercare la cessazione di quella che, ogni giorno di più, appare una “inutile strage”.

“Benedetto XV - ha detto il cardinale - dovette soffrire che la imparzialità della Santa Sede fosse interpretata come una mancanza di coraggio politico, visto che non intendeva denunciare pubblicamente gli atti odiosi dell’avversario”. Già dalla fine del 1914, “si era preoccupato della sorte dei feriti e dei prigionieri di guerra” e aveva affidato a monsignor Pacelli la direzione di un “servizio di assistenza che, con il concorso degli Stati belligeranti, permise di trattare all’incirca 600mila lettere d’informazioni, di provvedere a 40mila rimpatri e di fornire più di 50mila comunicazioni alle famiglie”. 

“Sarebbe scorretto - ha proseguito il Segretario di Stato - valutare il ruolo della Chiesa limitandosi all’azione effettivamente limitata della Santa Sede, perché l’insieme dei cattolici, sacerdoti, religiose, religiosi, laici uomini e donne, fu coinvolto nella tragedia e ha lasciato numerosissime testimonianze di generoso, coraggioso e indefesso impegno nel servizio della carità e dell’assistenza sui campi di battaglia e nelle trincee, negli ospedali, nel soccorso agli orfani, così come nel servizio della patria, per il quale caddero a milioni, insieme ai loro fratelli di varie confessioni cristiane o di altre religioni”. 








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