2014-10-18 10:46:00

Immigrati, ancora troppe carenze nel welfare


Per avvicinare gli immigrati alle famiglie rimaste nel Paese d’origine, l’Adri – Associazione delle Donne Romene in Italia – ha creato il progetto di comunicazione on line “Mamma ti vuole bene”, che sarà lanciato il 18 ottobre alla biblioteca municipale di Verbania, in presenza dell’ambasciatore della Romania in Italia, Dana Constantinescu. Al microfono di Elisa Sartarelli, Silvia Dumitrache, presidente dell'Adri, parla delle carenze nelle politiche sociali che accompagnano la famiglia migratoria in Italia:

R. – Le carenze sono varie. Innanzitutto, non c’è abbastanza attenzione al fatto che la famiglia sia composta da persone e non solo da lavoratori: una badante, per esempio, è una donna ma anche una mamma, e una moglie; un papà deve continuare a poter essere capo famiglia, avere la possibilità di comunicare ai membri della famiglia di volerla tenere unita. Sostegno alla genitorialità a distanza; oppure, poter spostare sin dall’inizio almeno la mamma con i figli. Manca poi l’informazione: di solito, nei Paesi di partenza – parlo per la Romania, l’Ucraina, la Bulgaria – non ci sono centri di informazione per le persone che si mettono in viaggio: che tipo di documenti devono portare? quali sono le somiglianze e le differenze culturali? Poi, il contratto di lavoro: cosa rischiano se lavorano in nero?

D. – Ci sono differenze nelle politiche sociali adottate per i cittadini stranieri comunitari e quelli extra-comunitari?

R. – Tante volte sento dire - e anche a me viene da pensarlo - che una volta entrati nell’Unione Europea abbiamo perso quasi tutto il sostegno che avevamo prima, come la possibilità di far finanziare i progetti - che nei Paesi avanzati come l’Italia, nei Paesi sviluppati non ce ne sono così tanti – così come la possibilità di accedere ai finanziamenti per gli altri Paesi extra-comunitari. Partiamo svantaggiati e non abbiamo alcun sostegno per arrivare alla pari al Paese ospitante.

D. – Di cosa avrebbe bisogno la famiglia migratoria?

R. – Di sostegno per rimanere unita. Ha bisogno di poter comunicare, di potersi vedere, poter stare insieme, di essere informati prima della partenza. Anche l’Italia dovrebbe investire nella famiglia migratoria, perché in questo modo io non torno più nel Paese di origine, perché mi trovo bene in Italia e rimango qua; posso spendere tutti i soldi qua senza mandarli più nel Paese di origine. La percentuale per quanto riguarda gli uomini con problemi di giustizia, nel Paese di arrivo, diminuisce di molto una volta riunita la famiglia. Per non parlare della qualità del lavoro: forse, adesso, a livello europeo si potrebbe dare qualche attenzione in più a questo aspetto, perché in Italia in questo momento ci sono un milione e 500 mila badanti iscritte in modo illegale, è l’unico Paese al mondo.

D. – Il progetto di comunicazione audiovisiva on-line, “Mamma ti vuole bene”, serve proprio a tenere unita la famiglia migratoria…

R. – Permette di tenere la famiglia unita almeno in una stanza virtuale: quindi, possiamo vivere una mezz’ora di pausa insieme alla famiglia nel Paese di origine, facendo una chiacchierata. Certo, no tutti insieme fisicamente; ma questa stanza, questo spazio virtuale, offre la possibilità di continuare anche a distanza, in qualche modo, la nostra vita di famiglia, la nostra unità famigliare. Sostegno anche alla genitorialità a distanza: non solo ai bambini nel Paese di origine, ma anche ai genitori perché – come tanti di noi sanno - fare il genitore, certe volte, non è molto facile.








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