2014-10-20 14:39:00

30.mo Popieluszko. Serretti: testimone di amore e di verità


La Polonia ha ricordato ieri con commozione il 30.mo anniversario dell’uccisione del Beato padre Beato Jerzy Popieluszko, ad opera dei servizi segreti comunisti. Figura ancora amatissima dai polacchi e non solo, Popieluszko era legato profondamente a Giovanni Paolo II. Sull’attualità della testimonianza del sacerdote martire polacco, Alessandro Gisotti ha intervistato il teologo della Lateranense, don Massimo Serretti, che per il Centro Studi Europa Orientale (Cseo) – fondato da don Francesco Ricci – ha curato, già nel gennaio 1985, la prima pubblicazione in italiano delle omelie di Popieluszko:

R. – A trent’anni, si potrebbe dire che quello che è rimasto, per certi versi è contenuto nelle ultime parole dell’ultima omelia che tenne poche ore prima di essere massacrato brutalmente da questi uomini dei servizi del Ministero degli Interni del Partito comunista polacco. Durante questa ultima Messa, nell’omelia lui disse: “Bisogna vivere con dignità la vita”, e quindi il richiamo alla dignità. Il richiamo alla dignità e il richiamo al fatto che non è possibile vivere nella dignità se non si afferma il bene anche contro il male che è “imperante”. E questa lotta nell’affermazione del bene che vince il male, questa lotta dev’essere fatta nell’amore. Questa era la sua persona: lui non era un rivoluzionario, uno che andava “contro” qualcuno, era uno che affermava la verità. Se si prendono i testi delle sue “omelie per la patria”, a cui ad un certo punto partecipava veramente una folla di persone, erano semplici meditazioni sul mistero di Cristo e sulla verità che è Cristo. E questo ha impaurito il potere fino al punto di arrivare a concepire il massacro di questo giovane sacerdote.

D. – In che modo lei è venuto a conoscere e poi a seguire non solo la figura, ma quello che è venuto dopo?

R. – Io frequentavo la Polonia già dal 1976, quindi nel 1984 avevo già una buona frequentazione; inoltre, avevo contatti diretti – grazie al Centro di Studi Europa Orientale, fondato da don Francesco Ricci – con gli ambienti di Solidarnosc, quindi conoscevo la figura di Jerzy Popiełuszko come quella di un uomo coraggioso.

D. – Poi ha avuto anche un ruolo nel far conoscere in Italia le omelie, quindi il pensiero e la parola di Popiełuszko

R. – Il Centro Studi Europa Orientale è stato il primo in assoluto a pubblicare in traduzione italiana tutte le “omelie per la patria” di Popiełuszko; peraltro, una cosa che lui faceva ma che non aveva inventato lui, e che faceva, come tutte le altre cose della sua vita, nella semplice obbedienza di vice parroco nella chiesa di San Stanislao a Kostka, a Varsavia: il parroco, vedendo che non era più in grado di tenere queste Messe, chiese a lui, al giovane sacerdote di farlo e così lui cominciò.

D. – Non si può in un qualche modo parlare di Popiełuszko senza parlare di Giovanni Paolo II. Lei che cosa può dire a riguardo, anche considerando la vicinanza a Karol Wojtyla?

R. – Certamente c’è un grande richiamo tra la realtà di Solidarnosc e la figura e l’insegnamento anche di dottrina sociale di San Giovanni Paolo II. Il legame tra queste due realtà è fortissimo, lo scambio è fortissimo. Se prendiamo, ad esempio, la grande Enciclica che rilancia la dottrina sociale della Chiesa dopo che tutti la dichiaravano finita e defunta, la “Laborem Exercens” - il grande testo sul lavoro dell’uomo -, questa è inconcepibile senza il riferimento a tutti questi uomini che vivevano questa realtà di Solidarnosc. E’ vero anche che quelli che hanno vissuto in prima persona le vicende storiche, attestano che quando tutti ormai avevano perso la speranza di riuscire ad avere un qualche effetto sulla vita sociale e politica della Polonia, Giovanni Paolo II invece non smarrì questa speranza e diede la spinta per procedere e non fermarsi, andare oltre: una speranza contro ogni speranza, che poi si dimostrò quella che produsse la vittoria senza lo spargimento di sangue.








All the contents on this site are copyrighted ©.