“Matera ha vinto perché ha saputo alzare la testa e tendere verso un bene comune”. Così l’arcivescovo di Matera, mons. Salvatore Ligorio, ha commentato la nomina della città lucana a Capitale europea della cultura 2019. Sconfitte le altre cinque finaliste: Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena. L’arcidiocesi è stata impegnata direttamente nella rinascita di Matera con progetti che hanno rilanciato le numerose chiese rupestri. Maria Gabriella Lanza ha intervistato proprio mons. Salvatore Ligorio.
R. – E’ stata espressa grande gioia e una speranza ha accompagnato questi quattro anni di preparazione. Penso che questa sia stata la forza trainante.
D. – Perché Matera è riuscita a vincere la competizione con le altre città italiane?
R. – Per una memoria al passato: bisogna essere grati ai nostri antenati perché hanno saputo portare, con fatica e gioia, il coraggio dei pesi della storia e hanno saputo alzare la testa e credere in un passaggio culturale e civile che ha dato il risultato raggiunto.
D. – L’arcidiocesi è stata direttamente impegnata nella rinascita della città con alcuni progetti…
R. – Abbiamo firmato un protocollo di intesa con le istituzioni locali dove una cooperativa chiamata “Oltre l’arte” ha fatto suo l’invito che gli è stato rivolto: accogliere le Chiese rupestri che hanno dato al turismo il senso di una evangelizzazione e promozione umana.
D. – La presenza della Chiesa e i segni dell’arte sacra fanno parte quindi della storia di Matera?
R. – La cultura non può prescindere, soprattutto per Matera, da una espressione religiosa e di fede. Siamo veramente grati anche per la collaborazione che la Chiesa riesce a dare attraverso un dialogo costruttivo con tutte le istituzioni del settore. E c’è un’intesa pur nella diversità dei ruoli.
D. – Lei ha parlato del dono dell’accoglienza e dell’ospitalità che contraddistingue Matera…
R. – Quello che più mi ha colpito quando sono arrivato da giovane è stato lo spirito di accoglienza di questa comunità, cioè l’attenzione alla persona, alla sua dignità, all'espressione arricchente che la persona che arriva riesce a dare all’intera collettività. Questo mi ha fortemente impressionato e vedo che questo è stato rimarcato anche di fronte a coloro che sono venuti per esprimere un parere e un giudizio, colpiti da questa espressione, che è del Sud, ma per cui la Basilicata si contraddistingue in modo particolare.
D. – Qual è il messaggio che Matera può portare all’Europa?
R. – Negli anni ’50 era un’espressione di “vergogna” abitare in questi sassi e in questo cinquantennio Matera ha saputo alzare la testa, ha sputo osare di più e ha raggiunto gli obiettivi di oggi, a tal punto da poter essere candidata come città italiana a concorrere con la cultura europea. Penso che questo messaggio possa richiamare a tutto il Sud e all’intera nostra nazione che nei momenti in cui si vive come comunità si tende a un bene comune e gli obiettivi sono raggiungibili, anche quelli che forse meno si possono sperare.
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