2014-10-20 14:34:00

Renzi: 80 euro per i nuovi nati. Forum famiglie: aiuti siano stabili


Al centro del dibattito politico in Italia, l’annuncio del premier Renzi riguardo l’istituzione con la legge di stabilità di un bonus da 80 euro al mese per tre anni per i bambini nati nel 2015. Lo riceveranno le mamme con reddito sotto i 90mila euro. In finanziaria anche l’istituzione di un fondo per la famiglia da 500 milioni di euro. Per capire se si tratta di un vero cambio di strategia in materia di politiche sociali, Marco Guerra ha intervistato il presidente del Forum delle famiglie, Francesco Belletti:

R. – E’ un modo per cominciare. Almeno mette a tema una fascia di età, che è quella critica, cioè la neomamma, il bambino appena nato, l’impatto economico di una nuova nascita su una famiglia e anche, per le famiglie, la consapevolezza che hanno di fronte 25-30 anni di spese per il figlio. Un primo segnale, quindi, certamente positivo. Ha anche il grosso pregio di ridurre la platea, nel senso che ogni anno nascono 500-550 mila bambini e quindi si possono concentrare le energie su una platea ridotta. E’ un intervento di equità minimo, ma fa giustizia. Non è un privilegio e non è un sostegno.

D. – Rispetto invece agli 80 euro nelle buste paga si allarga la platea dei beneficiari. E’ importante che tutte le famiglie abbiano sostegno?

R. – Questo è un piccolo grande segnale, nel senso che tutte le volte che si fanno politiche per la famiglia si ragiona in termini di reddito. Quando si fanno gli incentivi per le macchine, nessuno chiede il reddito, quindi anche i ricchissimi hanno i loro begli incentivi a pieno; invece per i figli ti chiedono sempre che reddito hai. Questo, però, impedisce di fare equità tra le famiglie. A parità di reddito una famiglia in cui nasce un figlio viene pesantemente penalizzata. Ricordo anche che quando si parla dell’Iva si dice che si tassano i consumi. Una famiglia con più figli consuma di più e quindi paradossalmente non ha agevolazioni fiscali, inoltre paga più tasse. E’ quindi un benefattore totale del Paese, perché offre un nuovo cittadino al Paese e paga più tasse.

D. – Il governo ha istituito un fondo famiglia di 500 milioni. Si iniziano a rimettere le politiche per la famiglia al centro del welfare o è ancora troppo poco per dirlo?

R. – Temo di dover dire che “una rondine non fa primavera”. Servono due qualità per fare politiche familiari serie. Primo, la continuità nel tempo. Un triennio sembra un periodo lunghissimo per la nostra politica e invece è ben poco. Le famiglie che hanno un figlio nel 2015 sono coperte da uno a tre anni e poi dopo cosa succede? Quindi la continuità è necessaria, bisogna avere piani di medio e lungo periodo. Secondo, la consistenza di queste misure. Noi abbiamo uno spread rispetto alla media delle politiche familiari europee di un punto di Pil. Si tratta di spostare nell’arco dei prossimi anni almeno 15 miliardi. 500 milioni sono, dunque, un segnale nella giusta direzione, ma bisogna fare molto di più.

D. – La protesta dei “passeggini vuoti” a Roma ha messo in risalto la necessità di politiche di sostegno per la natalità. Anche gli ultimi dati Istat dimostrano un’emorragia di nascite in Italia. Quanto è importante riaprire la “fabbrica” dei bambini?

R. – Osservatori laicissimi stanno dicendo che il grave problema delle culle vuote è uno dei fattori di paralisi del Paese. La politica non riesce a spostare le risorse; non riesce ad orientare questi tagli oppure le misure a favore delle nuove generazioni, ma la sfida del riprendere la natalità è decisiva. Non è vero che un Paese con meno persone, con meno bambini, avrà più risorse: è vero il contrario. E la storia economica di tutti i Paesi occidentali lo dimostra: un Paese che ha pochi bambini dimostra di non sapere investire sul proprio futuro. I “passeggini vuoti” a Roma dicono proprio di una cattiva pratica. Il Comune di Roma ha deciso di eliminare la gratuità del terzo figlio nei servizi di prima infanzia. Questo è un esempio di come si dà un segnale negativo.

D. – Quali sono le urgenze su cui il governo deve intervenire?               

R. – Le urgenze sono molte su tante direttrici. Basterebbe nominare la scuola, per parlare di una preoccupazione reale della famiglia. Comunque le tre priorità da mettere in campo sono: investire sul fisco e lasciare alle famiglie con figli molte più risorse di quante non gliene vengano portate via dal prelievo fiscale oggi; la seconda, investire sulla armonizzazione, sulla conciliazione famiglia-lavoro, lavorando non solo sulle donne, non solo sugli asili nido, ma su tante forme di flessibilità, chiedendo anche al modello organizzativo del lavoro di essere più family friendly. Si può fare, molte aziende già lo fanno. Ci vorrebbe una grande campagna, che non è solo economica, ma anche di sensibilizzazione culturale. Terza misura, quella di aiutare le famiglie che hanno carichi di cura – famiglie quindi con anziani, famiglie con disabili – defiscalizzando i costi, altrimenti si continuerà a dire che la famiglia è il più grande ammortizzatore sociale del Paese, ma questa è solamente l’ennesima presa in giro ed è un uso strumentale delle famiglie, che ormai sono limoni troppo spremuti.

 








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