2014-10-21 15:06:00

Sinodo. Card. Ravasi: la Chiesa prima di tutto è casa che accoglie


A poche ore dalla chiusura del Sinodo straordinario sulla famiglia, continua sui mezzi di comunicazione il dibattito sui temi sollevati dall'assemblea ecclesiale. Per un bilancio sull'esperienza sinodale, Fabio Colagrande ha intervistato uno dei partecipanti: il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che nell'occasione ha presieduto la commissione per il Messaggio:

R. – Sì, per me era questo il terzo Sinodo e sicuramente l’impressione di tutti i Padri sinodali è stata anche la mia: la vivacità. Questo sostantivo non è espressione di una atmosfera, modalità esterna. Era veramente anche la manifestazione di una interiorità profonda: questa libertà e questa vivacità mostravano anche che il tema da una parte era interessante e dall’altra parte che l’assemblea ne era coinvolta.

D. – Il messaggio conclusivo del Sinodo afferma che Cristo ha voluto che la sua Chiesa fosse una casa con la porta sempre aperta, nell’accoglienza, senza escludere nessuno…

R. – Sì, io credo che possa essere una sorta di asse portante del Sinodo. Anche perché il messaggio si apriva con una immagine, una scena che è espressa attraverso un versetto solo, nell’interno del libro dell’Apocalisse, dove Cristo si rivolge a una Chiesa, la Chiesa di Laodicea in Asia minore, che per molti aspetti è affine alla società contemporanea. Questo aspetto dell’indifferenza, della superficialità, qualche volta persino della volgarità. In quel versetto, si dice che Cristo passa per le strade delle nostre città, bussa alla porta e se una famiglia racchiusa nell’interno, con la sua libertà, apre la porta, Cristo si siede a tavola e cena con i membri di questa famiglia. Direi che questa immagine è significativa della Chiesa. La Chiesa deve essere pronta ad accogliere il Cristo che entra e ad accogliere tutti coloro che sono seduti alla mensa di una casa con tutte le diversità perché la Chiesa è prima di tutto e soprattutto una casa. Tanto è vero che all’inizio la stessa famiglia era la sede dove si celebrava l’Eucaristia.

D. – La relazione conclusiva del Sinodo suggerisce di cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, nelle convivenze. Questa è una novità importante…

R. – Come insegnava l’antica teologia, già medievale, la "sopra-natura", la grazia, non prescinde dalla natura. Ora, due persone che si impegnano seriamente - soprattutto quando si ha un impegno di matrimonio ufficiale, civile, oppure si è insieme attraverso una lunga vicenda personale - si ha un valore naturale e questo valore naturale non può essere considerato come se fosse un elemento da ignorare. E’ anzi una base sulla quale costruire poi la bellezza, la superiorità, la soprannaturalità della grazia di Cristo e dell’adesione attraverso la fede.

D. – Secondo lei, che immagine della fede ha offerto al mondo questo Sinodo?

R. – Devo dire che le relazioni che ci sono state anche sulla stampa estera sono state molto attente e per certi versi anche abbastanza fedeli. Alla fine, l’immagine di Chiesa risultante è una Chiesa che dialoga, con le sue fatiche anche, perché la Chiesa è incarnata, è nell’interno della storia. Cristo stesso presenta nell’interno del suo messaggio anche elementi che sono legati al contesto in cui egli si trova. Quindi, io credo che anche agli occhi dei non credenti, la Chiesa - pur avendo avuto questi risultati, in alcuni casi non così univoci, quasi come cristallizzati in una sorta di limbo perfetto - ha dimostrato invece una vivacità e un volto che è forse più seguito con attenzione anche dal mondo non credente.








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