2014-10-27 15:35:00

Voto in Tunisia, i laici di Nidaa Tounes avanzano su Ennhadha


In Tunisia, dalle parlamentari di ieri si profila sempre più la vittoria del partito laico "Nidaa Tounes" su quello islamico moderato "Ennhadha", che nel 2011 fu vincitore alle prime elezioni del dopo Ben Ali. A votare è stato il 60% degli elettori, i risultati definitivi si avranno nelle prossime ore, ma sin da adesso i laici ritengono di aver conquistato 80 seggi sui 217 del parlamento, il 38% contro il probabile 26% di Ennahda, precipitato dal 42. Se Ennhadha tre anni fa vinse sotto l’avanzare della "primavera araba", il risultato di oggi come è da interpretare: come la fine dell’effetto della "primavera araba", o piuttosto come la naturale conseguenza dell’allora rivoluzione? Francesca Sabatinelli lo ha chiesto a Stefano Torelli, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di politica internazionale, esperto di Tunisia:

R. – In molti avevano visto queste elezioni quasi come un banco di prova per la tenuta o meno di Ennahda, visto che il partito islamico era stato più o meno per tre anni al governo e adesso era fuori perché c’era un governo tecnico, che aveva sostenuto. Ebbene, il giudizio, stando alla risposta degli elettori, è un giudizio sostanzialmente negativo, più che un giudizio aprioristico positivo nei confronti di Nidaa Tounes.

D. – Ennahda era il risultato della "primavera araba". Questa elezione di adesso, che cosa significa? Che in qualche modo l’effetto "primavera araba" è quasi del tutto finito, o che è la giusta conseguenza sempre della cosiddetta rivoluzione?

R. – Guardandola da un punto di vista del tutto oggettivo, questo risultato potrebbe essere in realtà un punto a favore della continuazione del processo di cambiamento politico, in quanto rappresenterebbe una sorta di alternanza al potere. Da questo punto di vista, potrebbe essere un passo avanti. Dall’altro lato c’è chi, chiaramente soprattutto Ennahda, ma anche in altri ambienti, ha delle riserve circa Nidaa Tounes, in quanto è un po’ controverso il fatto che abbia al suo interno elementi legati all’ex regime di Ben Ali, e questo fa pensare alcuni a una sorta di “ritorno al passato”. Però, ripeto, complessivamente un’alternanza non può che giovare al processo di democratizzazione.

D. – Nidaa Tounes si presenta come un partito estremamente eterogeneo, con un fortissimo punto di contatto, e cioè la componente anti-islamica. Questo  però, potrebbe creare dei problemi, quando si tratterà di governare il Paese?

R. – Sicuramente potrà creare dei problemi. Insomma, ci sono stati dei segnali anche prima delle elezioni, durante la campagna elettorale o da quando Nidaa Tounes è nato, per il fatto che fosse un fronte molto eterogeneo e quindi potenzialmente debole dal punto di vista dell’unità. L’unico vero elemento che teneva e tiene insieme il partito e tutte le sue differenti anime è proprio questa opposizione quasi aprioristica a Ennahda e al partito islamico. La Tunisia si è molto divisa in questi ultimi anni, si è creata proprio questa sorta di polarizzazione tra islamisti, o comunque pro-Ennahda, e anti-Ennahda e quindi il progetto di Nidaa Tounes rientra in questo quadro di opposizione a Ennahda. Come spesso accade in questi casi, adesso è da vedere quanto questo elemento di contrarietà a un avversario esterno riesca poi a tradursi anche in azione propositiva di governo.

D. – Proprio lei, Torelli, in un suo studio aveva indicato tra le varie sfide che la Tunisia deve affrontare il jihadismo che avanza…

R. – Sì, il timore, sicuramente è reale. Lo dicono i dati, lo dicono i fatti. Per esempio, il fatto che secondo le fonti tunisine tremila tunisini siano diventati combattenti all’esterno, in questo caso nelle file dello Stato islamico, e lo dicono i fatti anche perché la Tunisia, nell’ultimo anno – diciamo dalla primavera-estate del 2013 in poi – è stata testimone di diversi episodi terroristici, di attentati contro le forze dell’ordine, contro la guardia nazionale, contro i soldati, soprattutto al confine con l’Algeria e soprattutto, anche, per l’effetto della situazione di instabilità nella vicina Libia. Quindi, vi è effettivamente una minaccia jihadista. Per il momento, non è riuscita a minare il processo di transizione. Credo anche che le istituzioni tunisine riusciranno a contenere questa minaccia, a metterla da parte e a far sì che non riesca a minare il processo. Però, sicuramente, rispetto a quattro anni fa, da questo punto di vista la Tunisia è un Paese che ha delle difficoltà che prima non aveva.

D. – Resta il fatto che il Paese si trova, purtroppo, soggetto a una crisi economica e sociale che c’era anche tre anni fa e che il corso politico degli ultimi anni non è riuscito a sanare…

R. – In effetti, questo è il problema che ancora affligge la Tunisia ed è anche il vero motivo, in realtà, per cui gli elettori tunisini hanno punito, di fatto, l’attuale governo che in questi tre anni non è riuscito a ridare nuova linfa all’economia. La situazione socioeconomica è ancora molto difficile, permangono gran parte dei problemi che costituivano poi la radice di quelle che erano state le rivolte del 2011 e quindi, a fronte di progressi notevoli nel campo delle libertà civili e politiche, permane questa situazione di difficoltà economica.








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