2014-10-31 11:49:00

Elezioni in Myanmar: i militari incontrano leader opposizioni


In Myanmar importanti consultazioni in vista delle elezioni del prossimo anno. La leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi ha partecipato alla tavola rotonda voluta dal presidente Thein Sein con i leader delle opposizioni, i vertici militari e i gruppi etnici. Si tratta del primo incontro del genere nel Paese e arriva a pochi giorni dall’annuncio che le prossime legislative si terranno tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre del 2015. Nel 2010 si sono tenute le prime elezioni generali in 20 anni ma l’opposizione le ha boicottate denunciando meccanismi non democratici di voto.  Delle prospettive che si aprono oggi per il Paese asiatico, Fausta Speranza ha parlato con Alessandro Pio, consigliere scientifico dell’Ispi, Istituto Studi di Politica Internazionale:

R. - Diciamo che il Myanmar ci ha abituato alle buone sorprese, nel senso che quando Thein Sein è diventato Presidente, qualche anno fa, pochi si aspettavano il grado di apertura che poi è seguito. Quindi diciamo che ci sono dei precedenti che lasciano ben sperare. Chiaramente il timing di questo annuncio e di questi incontri quasi coincide con la visita del Presidente Obama in Myanmar, prevista per il 12-13 novembre. E c’è la questione del sollevamento temporaneo delle sanzioni economiche sul Myanmar che il Myanmar chiaramente vorrebbe che diventasse definitivo: è una leva molto importante per un’apertura democratica del Paese.

D. - Processo di pace, riconciliazione e riforme politiche: sono questi i nodi chiave?

R. - Direi di sì, ma non bisogna dimenticare ovviamente anche la modernizzazione dell’economia. Una delle sfide su cui bisogna vedere come si giocano non solo queste elezioni ma anche quelle future, è che al momento i militari hanno garantito un 25% dei posti nel Parlamento: il che essenzialmente blocca qualunque tentativo di riforma della Costituzione, che ha bisogno di una maggioranza qualificata. Quindi fin quando non ci sarà una riforma della costituzione, questo indubbiamente porrà dei limiti all’ampiezza delle riforme politiche. L’altra sfida è quella economica, nel senso che il Myanmar è un Paese ricco pieno di gente povera: è un Paese che di fatto ha grosse risorse naturali, ma la cui economia ancora non ha decollato.

D. - Il Presidente Obama, appunto, ha sottolineato che c’è da augurarsi che nel 2015 il voto sia “credibile e inclusivo”…

R. - Ovviamente si riferisce al fatto che ci sono state pesanti intimidazioni all’opposizione in passato: Aung San Suu Kyi è rimasta praticamente agli arresti domiciliari per decenni… Per cui evidentemente c’è una track record del passato che va un pochino cambiata per avere credibilità internazionale.

D. - E sul piano economico, invece, quali potrebbero essere i veri cambiamenti?

R. - Sul piano economico essenzialmente si tratta di continuare quel processo di liberalizzazione dell’economia che permetta alle forze di mercato di cercare un ruolo più ampio e di mantenere al tempo stesso le tutele sociali che qualunque Paese in via di sviluppo, ma anche Paesi sviluppati, tentano di mantenere. Certamente anche l’esercito ha avuto un grosso peso nell’economia e quindi una delle sfide è riuscire gradualmente a rimuovere il controllo e l’influenza militare sugli aspetti economici, soprattutto per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali - legno, idrocarburi, etc - rendendola così un’economia più aperta e competitiva.

D. - Pensiamo un momento al contesto geopolitico: che dire del Myanmar in Asia?

R. - Il Myanmar è un grosso Paese, che è praticamente l’anello di congiunzione fra l’Asia del Sud - quindi, diciamo, l’India - e il Sudest Asiatico, che è l’altro blocco e che, se preso nel suo complesso,  - pensiamo ai Paesi Asean e quindi 600 milioni di persone - può essere un terzo polo di equilibro tra Cina, India e Sudest Asiatico. Quindi il Myanmar è un importante ponte terreste - se vogliamo - tra l’Asia del Sud e il Sudest Asiatico; il Myanmar è un Paese che proprio per l’isolamento internazionale si è trovato, fino a qualche anno fa, ad essere molto vicino alla Cina: tanto vicino che forse gli stessi governanti militari dell’epoca si sono sentiti un po’ troppo vicini e con l’apertura hanno voluto cercare anche di diversificare un pochino le loro relazioni internazionali, aprendo quindi al Sudest Asiatico e ai Paesi occidentali.








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