2014-11-05 16:46:00

Parla una infermiera: la società svilisce figure con capacità umane ritenute scontate


"La fatica è vedere che questo lavoro spesso non è ben valorizzato, nonostante le competenze che si cerca di acquisire nel tempo". Alla luce delle agitazioni sindacali che hanno portato migliaia di infermieri a scioperare, parliamo di una figura professionale cardine della sanità ospedaliera, attraverso il racconto di un'infermiera toscana che, pur avendo deciso di non scendere in piazza, esprime il proprio disagio e spiega le peculiarità dell'essere infermieri oggi. E poi il commento di un giovane medico specializzato dieci anni fa in Ginecologia all’Università La Sapienza, con duplice esperienza di ricerca negli Usa, a proposito del caos dei test per l'accesso alle Scuole di Specializzazione in Medicina.

"Gli infermieri sono figure che hanno la capacità di entrare in relazione, di cogliere i bisogni delle persone prima ancora che essi accedano a un ricovero ospedaliero. Quando non c’è una adeguata formazione, non solo tecnica ma anche umana, si rischia di rendere fragile questa persona. Le sollecitazioni sono moltissime dentro questa professione, da un punto di vista emotivo ed esistenziale. Ti chiedi: qual è il senso di tanto dolore? Sono rimasta sempre sorpresa di come si possa vivere e accompagnare a vivere anche in situazioni che sembrano solo dolore, devastazione, morte".

Cosa occorre? "Occorre certo il coraggio di abbassare quella cortina che separa chi è nella salute da chi è nella malattia. Attraverso una prossimità che è reale, competente, attenta e che da valore a dei gesti in genere considerati insignificanti, si possono scoprire degli spazi di vita che prima non eravamo in grado di immaginare. Ho avuto delle lezioni di vita enormi da persone che pur completamente intubate erano capaci di uscire dalla loro condizione di malattia per prepararsi ad esempio all’incontro con il proprio marito. Questa società svilisce un gesto d’amore, e finisce per svilire quelle figure professionali che hanno capacità umane spesso ritenute scontate". 

Quanto la aiuta la fede? "La fede mi aiuta ma non può essere una fuga, proprio qui non può esserlo. Chiedo di aver fede nell’entrare in una morte e scoprire lì possibilità di vita. E’ allora che è una risorsa la fede, quando non è una via idealizzazioneParadossalmente c’è bisogno di fare un cammino per diventare più umani proprio di fronte alla malattia e scoprire che non c’è niente da subire. Occorre tanta creatività alle volte. Dobbiamo vivere noi da vivi, e trovare delle strategie che non abbandonino l’altro. Ma per non lasciare solo l’altro significa che noi non dobbiamo avere paura del suo male, significa avere noi elaborato bene i nostri lutti, i nostri dolori per poterci avvicinare a quel dolore. Di fronte al limite di un corpo che perde vita si può tuttavia rimanere in quel calore che lo custodisce fino alla fine. E' tutto frutto di un cammino che si fa ogni giorno, è una meta. Insomma, gli infermieri possono riconoscere la fortuna di poter fare un lavoro in cui si è ‘costretti’ ad aiutare gli altri, perché questo è un privilegio e può essere una vera pedagogia per la nostra vita".








All the contents on this site are copyrighted ©.