2014-11-08 15:48:00

Filippine ricordano le vittime del tifone Hayan di un anno fa


Le Filippine oggi hanno ricordato le oltre 8.000 vittime, tra morti e dispersi, e la devastazione causate un anno fa dal passaggio del tifone Hayan. La città più colpita fu Tacloban, rasa la suolo con 6.300 morti, ma Hayan interessò sei regioni e i 14 milioni e mezzo di persone che vi abitavano. Ancora oggi, in 4 milioni sono senza casa. Oggi, nel ricordare la tragedia, nel Paese non sono mancate le manifestazioni di protesta contro il governo, accusato soprattutto di aver deviato i fondi previsti per la ricostruzione. Federico Piana ha intervistato Claudia Bruno, di Action Aid, organizzazione impegnata a nella lotta alle cause della povertà e dell'esclusione sociale:

R. – Gran parte degli ospedali sono stati colpiti, le scuole sono state quasi tutte devastate. In più stiamo cercando di supportare la popolazione affinché possa ricostruire quelle attività economiche che portava avanti e che purtroppo ora non esistono più. Uno dei problemi principali è che le popolazioni non sono in grado di rispondere alle emergenze, non sono dati loro gli strumenti, tanto più che si tratta di un Paese che è estremamente colpito da questo tipo di fenomeni. Il tifone Haiyan era previsto, ma non si prevedeva quale sarebbe stata la sua forza e la sua intensità.

D. – Cosa manca, però, alle Filippine? So che mancano tante cose ancora e anche una politica probabilmente di recupero delle zone distrutte…

R. – Solo il 21% delle abitazioni sono state ricostruite, circa 3.500 persone vivono in alloggi, quindi ciò che in realtà noi chiediamo è una "accountability" rispetto ai fondi che sono stati realmente investiti, stiamo parlando quasi di quattro miliardi di dollari che sono stati stanziati, ma alla fine sono stati messi a disposizione soltanto 884 milioni. In più, cosa manca? Si deve cominciare a lavorare seriamente sulla ricostruzione sicura, perché più di due milioni di persone vivono ancora in una zona che viene chiamata “no-build zones” che si trova a 40 metri dal litorale. E questo, per un Paese colpito con una certa frequenza da determinati fenomeni, rappresenta un problema serio, grave, che può far sì che in una situazione del genere si possa replicare in futuro, riportando una nuova devastazione.

D. – Secondo lei, come mai è stato fatto così poco fino ad ora?

R. – Noi non ci mettiamo nella posizione di giudicare o di dare opinioni politiche. Quello che posso dire è che chiediamo maggior trasparenza nella gestione e nello stanziamento dei fondi per la ricostruzione e che i media non spengano i riflettori su questo tipo di emergenza che sappiamo, com’è capitato in altri casi, fa sì che poi cada nel dimenticatoio e che anche la comunità internazionale non investa più, non stanzi più fondi e che la situazione quindi non torni più alla normalità.

Per ricordare la tragedia di un anno fa, la Conferenza episcopale delle Filippine ha indetto per oggi una Giornata nazionale di preghiera. Inoltre, come gesto di solidarietà, tutte le campane delle chiese nel Paese hanno suonato alle 18 in punto. Migliaia le persone che hanno poi partecipato alla messe celebrate in tutta la nazione, a Manila, a celebrare la funzione a cielo aperto è stato mons. Pedro Quitorio, direttore della comunicazione della Conferenza episcopale, e con Laura Ieraci ha fatto il punto sulla ricostruzione:

The reconstruction work to keep…
"La ricostruzione è stata molto difficoltosa a causa proprio dell’estensione del danno e delle tante vittime. Prima di tutto, si doveva cercare di far tornare le persone alla normalità, di fare avere loro un rifugio. La Chiesa ha cercato di fare il più possibile: è stato un lavoro che ha impegnato sia la chiesa locale che le organizzazioni cattoliche, anche estere. Io credo di non sbagliare nel dire che il maggiore sforzo e il maggior aiuto finora nella ricostruzione sia stato compiuto proprio dalla Chiesa, e con Chiesa intendo tutte le organizzazioni cattoliche, anche quelle ci sono venute in soccorso dall’esterno, come il "Relief Catholic" o la Caritas Internationalis, in tutte le sue branche, la Caritas delle Filippine. Insieme siamo riusciti a compiere un grande lavoro di ricostruzione. Abbiamo cercato di portare assistenza ai poveri, alle vittime. Abbiamo costruito case, ma il nostro impegno non è stato soltanto indirizzato a una ricostruzione materiale, a una ricostruzione fisica. Abbiamo anche cercato di ricostruire gli animi: questa era la cosa più importante. Il governo ci ha aiutato molto in tutto questo, da dicembre ad oggi. Malgrado tutti i nostri sforzi, però, non siamo riusciti, dopo un anno, a portare a termine che il 55% della ricostruzione".








All the contents on this site are copyrighted ©.