“Chiedo a tutte le persone di buona volontà di contribuire a creare una cultura dell’incontro, della solidarietà, della pace”. E’ il tweet di Papa Francesco, lanciato ieri pomeriggio, per condividere la festa in Germania nel 25.mo della caduta del Muro di Berlino, “resa possibile – aveva già sottolineato all’Angelus - dal lungo e faticoso impegno di tante persone che per questo hanno lottato, pregato e sofferto”. Tra questi il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Berlino fino a settembre del 1989, da lì nominato alla guida della diocesi di Colonia, dove assistette all’evento storico con incredulità, come racconta ai nostri microfoni:
R. – Das habe ich nie für möglich
gehalten, auch als ich im September ’89 von Berlin ...
Non avrei mai pensato che potesse accadere. Nemmeno
quando nel settembre 1989 mi sono trasferito da Berlino a Colonia, avrei pensato che
il Muro potesse cadere. Dietro al Muro c’era la potenza atomica dell’Unione Sovietica
e – come si era dimostrato in Ungheria, in Cecoslovacchia e da noi, il 17 giugno 1953
– con quelli non si scherzava. Per questo non avrei mai pensato che potesse accadere…
E poi, quando invece è accaduto ero a Colonia, seduto davanti al televisore e mi pizzicavo
le mani, mi strofinavo la fronte, dicendomi: “Ma stai sognando o sta succedendo davvero?”.
Per la prima volta nella mia vita, sono stato testimone di un miracolo che non avrei
pensato potesse accadere. E io personalmente ne ho tratto una conseguenza: bisogna
credere ai miracoli. Ne accadono forse più di quanto immaginiamo …
D. Il 9 novembre 1989 una giornata impressa nella sua vita….
R. – Ich habe solange die Ddr
lebte, dort mein Dasein gehabt…
Sì, finché è esistita la Ddr, io ho vissuto lì. Lo
ricordo molto bene: ero apprendista in una banca, quando il 7 ottobre 1949 si fondava
la Ddr. Abbiamo dovuto chiudere la banca e abbiamo dovuto seguire l’evento via radio:
eravamo ormai uno Stato a sé stante, la Repubblica democratica tedesca. Quel giorno
ho sentito per la prima volta l’inno nazionale. E, pensi un po’, ci sono voluti 40
anni – come gli anni impiegati dal popolo di Dio per attraversare il deserto – per
eliminare questo Stato, il cui segno esteriore era stato il crollo del Muro.
D. Qual è stato il ruolo delle Chiese nella Ddr?
R. – Ja, wir sind die einzigen die die Regierung nicht anerkannt hatten…
Noi siamo stati gli unici a non riconoscere il governo.
Le nostre diocesi erano ancora tutte provvisorie. La Chiesa evangelica fondò immediatamente
il “Consiglio delle Chiese evangeliche nella Ddr”, per avere l’equivalente della Repubblica
federale (Brd). Noi questo l’abbiamo sempre rifiutato. In realtà, siamo sempre rimasti
gli ultimi a non aver mai riconosciuto il confine interno alla Germania. E devo dire
che questo non ce lo hanno mai perdonato. Questo lo ripeto sempre: non ci sono stati
riconosciuti diversi privilegi che invece sono stati riconosciuti alla Chiesa evangelica,
perché noi abbiamo rifiutato per principio di accettare quel sistema.
D. – 25 anni dopo, guardando a ritroso, quali sono i compiti della Chiesa?
R. – Den Glauben verkünden, nach
wie vor, das ist noch dringender…
Annunciare la fede, ora come prima, ma oggi è ancora
più urgente che ieri e l’altro ieri.
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