2014-11-12 15:08:00

Matrimoni in calo, civili superano religiosi al Nord e al Centro


Nozze in calo in Italia: al di sotto delle 200 mila quelle celebrate nel 2013, pari a circa un quinto rispetto a 5 anni fa. Lo rivela uno studio dell’Istat pubblicato oggi. I matrimoni contratti con solo rito civile superano di poco quelli religiosi, tranne che nel Sud. Il servizio di Adriana Masotti:

Nuovo calo dei matrimoni in Italia a conferma della tendenza alla diminuzione in atto dal 2008: per la prima volta, nel 2013, il numero scende sotto quota 200 mila. Per l’esattezza, 194.057 matrimoni, 13.081 in meno rispetto all’anno precedente. Il dossier dell’Istat rileva che a diminuire sono soprattutto le prime nozze tra sposi di cittadinanza italiana: 145.571 celebrazioni nel 2013, mentre i matrimoni in cui almeno uno dei due sposi è di cittadinanza straniera, dopo il recupero del 2012, scendono di nuovo tornando al livello di circa 26 mila, ma ancora di più calano le nozze tra stranieri.

Per i  matrimoni misti, cioè quelli in cui un coniuge è italiano e l'altro straniero, che ammontano a 18.273 nel 2013, la tipologia prevalente è quella in cui è la sposa ad essere di cittadinanza straniera: una su due è cittadina di un Paese dell'Est Europa. Diminuiscono anche i secondi matrimoni, prosegue l’Istat, ma il ritmo della flessione è più contenuto di quello delle prime nozze. Nel 2013, sono state celebrate con rito religioso 111.545 nozze, oltre 44 mila in meno negli ultimi 5 anni. I matrimoni celebrati con il solo rito civile sono stati 82.512: la loro quota sul totale raggiunge il 42,5% del 2013, era il 36,8 nel 2008. Sia al Nord (55%) che al Centro (51%), i matrimoni con rito civile superano quelli religiosi.

Dunque, ci si sposa sempre di meno. La riflessione di mons. Sergio Nicolli, parroco a Rovereto, Trento, già direttore dell’Ufficio pastorale Famiglia della Conferenza episcopale italiana:

R.  – E’ un dato, questo del calo dei matrimoni, che sicuramente ci preoccupa.  Molta gente non si sposa più né in Chiesa né in Comune e quindi vive la relazione di coppia come un fatto totalmente privato al di fuori anche di ogni regolamentazione di tipo civile. Questo sicuramente è un dato che è sintomo di una cultura che sempre di più è proiettata sul privato. E’ un calo costante, lo rilevo anche qui nella mia zona. Io credo che dovremo prepararci anche a un calo che continuerà nei prossimi anni. Sicuramente, su questo dobbiamo impegnarci di più sia come Chiesa ma direi soprattutto come comunità civile ad aiutare a cogliere la famiglia come un fatto che ha una rilevanza pubblica e quindi il matrimonio come un impegno di fronte alla società. E qui bisogna intervenire soprattutto sulla fase dell’adolescenza, sull’educazione affettiva e sessuale: aiutare gli adolescenti perché capiscano che quando cominciano a vivere questo tipo di relazione, si innamorano, etc., aiutarli a capire che sta accadendo qualcosa di importante che non è rilevante solo per loro individualmente, ma è rilevante anche per la loro vita all’interno di una società e che quindi si preparino a vivere questa realtà come assunzione di una responsabilità nei confronti di una società. Se poi sono credenti, anche nei confronti della comunità cristiana.

D. – Sia al Nord che al Centro Italia i matrimoni civili superano quelli religiosi. Non così al Sud. In che modo, secondo lei, questo dato interpella la Chiesa?

R. – Anche questo è un dato che era prevedibile, a cui siamo preparati da tempo, soprattutto se noi facciamo un confronto tra quella che è la partecipazione liturgica, i cosiddetti praticanti: è una percentuale molto bassa, si va da realtà diocesane in cui arriviamo fino al 10% ad altre realtà dove si arriva al 20. Però, ci sono ancora molti che nonostante questo sono battezzati, si sposano in Chiesa, fanno battezzare i figli e questo arriva ancora quasi al 50%. Credo che dobbiamo lavorare soprattutto su questa zona molto vasta.

D.  – Lei dice: guardando ai numeri dei cristiani che frequentano le chiese, i matrimoni celebrati religiosamente sono ancora tanti…

R.  – Sì, tanti. Ma dobbiamo aspettarci che questo calo continui. Però, nello stesso tempo, dobbiamo impegnarci perché, per i matrimoni religiosi che vengono celebrati con persone che non frequentano più la Chiesa – percorso che chiediamo, ormai come una cosa imprescindibile per prepararsi al matrimonio – diventi un tempo in cui si fa un progetto di vita nel quale la fede, l’appartenenza alla Chiesa, diventi significativa.

D. – In sintesi, quello che preoccupa la Chiesa non è il numero, ma piuttosto la qualità?

R.  – La qualità: direi proprio di sì. Io sono convinto che domani una qualità migliore, che possiamo già riscontrare oggi in molte coppie, in molte famiglie, quando cresceranno le famiglie che vivono una realtà di matrimonio nella fede, queste diventeranno contagiose rispetto ad altri che ormai pensano che sposarsi sia una cosa un po’ fuori moda e basta mettersi insieme e andare avanti. Io sono convinto di questo. E’ la qualità che convince, non la quantità.








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