2014-11-14 15:34:00

La società civile si mobilita: no al gender nelle scuole italiane


Rispondere all’emergenza educativa che, sotterranea ma violenta, si sta imponendo con l’indottrinamento gender nelle scuole di Roma e di tutto il territorio nazionale. Questo l’obbiettivo del Comitato Articolo 26 ispirato al principio della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo in base al quale "i genitori hanno diritto di priorità nella scelta dell’istruzione da impartire ai propri figli". Un concetto ribadito anche dal Papa, secondo il quale la famiglia è il luogo primario dell’educazione. Il Comitato Articolo 26 - che mostra come la società civile si stia mobilitando - denuncia in particolare il caso di un asilo nido della capitale. Ce ne parla Paolo Ondarza:

“Margherita ha due mamme: Mery e Franci. Volevano una famiglia, ma mancava il semino. Franci si è fatta dare da una clinica olandese il semino donato da un signore gentile e  l’ha messo nella pancia di Mery”. Parole semplici, corredate da illustrazioni dai colori pastello per “inculcare”, in modo accattivante, l’ideologia del gender tra i bambini già all’asilo nido. Il racconto è contenuto nel volumetto “Piccola storia di una famiglia” edito da Stampatello ed inserito, insieme ad altri testi che promuovono il gender, nel progetto educativo dell’asilo nido comunale del quartiere Bufalotta di Roma “Il Castello Incantato” all’insaputa dei genitori. L’obbiettivo dichiarato, in linea con quanto prescritto dall’Oms e dall’Ue, è la lotta alla discriminazione e all’omofobia, o anche al bullismo, ma la strategia vera punta a decostruire nelle scuole gli stereotipi dei modelli familiari nella primissima infanzia. A denunciare l’episodio è stato il Comitato Articolo 26 costituito da famiglie, insegnanti, psicologi. Ascoltiamo Maria Chiara Iannarelli:

R. – Come in altri asili di Roma accade che i genitori si trovino di fronte alla proposta o già alla fruizione in classe da parte di bambini di un anno e mezzo, due o tre anni – perché parliamo di nidi – di albi illustrati, proposti dalle educatrici o dalle insegnanti con storie di vita omosessuale nei loro particolari, come – ad esempio – la tecnica della fecondazione eterologa; quel che è più grave è che tutto ciò viene deciso senza la condivisione con le famiglie e senza purtroppo che questi progetti presentino fondamenti scientifici, pedagogici e psicologici. Queste iniziative rientrano in progetti patrocinati dal Comune di Roma come, in particolare, “La scuola fa differenza” che ha visto affidato alla Associazione “Scosse” un corso di formazione per molte educatrici di nido in diversi nidi della capitale. I genitori chiedono solo quello che sancisce l’art. 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, che sia cioè riconosciuto loro il diritto di priorità nella scelta dell’educazione da dare ai loro figli. Perché siamo tutti d’accordo sul fatto che dobbiamo educare – e lo dico da docente della scuola pubblica da più di 20 anni – tutti i bambini al rispetto di tutte le situazioni personali, ma non ci sono fondamenti scientifici e pedagogici per fare facili sperimentazioni su bambini così piccoli.

D. – Stiamo parlando di progetti inseriti in scuole comunali o statali, per i quali vengono spesi soldi pubblici…

R. – Certo! “La scuola fa differenza” è partito in seguito alla vincita di un bando proposto dal Comune di Roma, ma ci sono molti altri progetti – come “Le cose cambiano” - che insistono sempre sul tema giustissimo della lotta al bullismo omofobico, come è giusta la lotta a tutte le forme di bullismo, ma mancano di fondamenti scientifici e sono – appunto – finanziati dal Comune di Roma.

D. – Colpisce il cospicuo investimento di denaro a fronte delle gravi carenze strutturali nelle quali versano le scuole italiane…

R. – Si pensi anche ai progetti proposti dalla Regione, con un finanziamento di 120 mila euro, da parte di Zingaretti e affidati ad associazioni Lgbt, senza che ci sia stato prima un dialogo costruttivo e un dibattito culturale e politico con le famiglie…

D. – Secondo diversi pedagogisti quando in un bambino si abolisce il principio di evidenza naturale  - e quindi l’essere uomo o donna come dato inconfutabile di natura – la mente potrebbe compensare con squilibri psicotici molto gravi…

R. – Questo è chiaro: noi non possiamo correre il rischio, non possiamo fare sperimentazioni sui bambini! La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo nasce dopo lo spaventoso periodo che ha visto la propaganda nazista sui banchi di scuola manipolare le menti. Allora, stiamo attenti! Noi – io sono una insegnante – abbiamo di fronte una responsabilità immensa: dobbiamo rimanere su un piano di ragione, di scienza e fare riferimento al contesto della natura, del biologico, del dato, in cui si può muovere ogni costruzione sociale umana. Purtroppo dico anche che gli standard per l’educazione europea, che sono stati introdotti in Italia nel 2013, parlano nella fascia 4-6 anni di introduzione alla masturbazione precoce infantile; in Austria il primo ministro dell’Educazione ha detto la settimana scorsa che si comincerà a proporre la stimolazione dei genitali e il nudismo nei kindergarten: di fronte a questo noi invitiamo, se ci sono delle perplessità o se ci sono dei dubbi, a contattarci in un’ottica di conoscenza e anche per fare rete di genitori, perché la famiglia è la insostituibile realtà educativa, che è responsabile della formazione dei figli, ma anche dell’edificazione della società umana. Quindi invito a contattarci al nostro indirizzo di posta elettronica che è info@comitato26.it e a visitare il nostro sito www.comitatoarticolo26.it. La nostra non è da intendere come una battaglia contro qualcuno, ma insieme a tutti per la persona, per i più piccoli e per i più fragili, che sono il nostro futuro!








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