2014-11-18 15:50:00

Sant'Egidio, appello per Aleppo: salviamo la città della convivenza


Sant'Egidio rilancia il suo appello per salvare Aleppo, città siriana sottoposta a un tragico e molteplice assedio, e farne una "città aperta", dove "non si combatta". Oggi, il fondatore della comunità, Andrea Riccardi, ha ripetuto la richiesta di un intervento internazionale e ha lanciato una mobilitazione della rete. Il servizio di Francesca Sabatinelli:

L’hashtag è #savealeppo, salviamo Aleppo, che diventi una città aperta, che torni ad essere l’esempio di convivenza tra culture che è sempre stata. Andrea Riccardi rilancia un appello già fatto il 22 giugno scorso, quando venivano chiesti corridoi umanitari e rifornimenti per i civili sotto occupazione ormai da due anni, accerchiati  dalle forze di Assad, dai ribelli, dai miliziani dell’Is e di Al Nusra. Serve un intervento internazionale, ripete Riccardi, che elenca gli ultimi contatti di Sant’Egidio con governi come quello di Mosca e con istituzioni come le Nazioni Unite. L’obiettivo auspicato è la creazione di una “free zone” che salvi la città. Di qui, l’apprezzamento dell’azione dell’inviato Onu per la Siria, Staffan De Misura, che oggi ha incassato il "sì", in via di principio, da parte di Damasco alla proposta di una tregua con i ribelli. Aleppo non diventi come Mosul alla cui agonia la comunità mondiale ha assistito impotente. L’intenzione dunque è quella di spingere per una zona franca, che non sia sottratta al controllo di Damasco, ma che potrebbe forse essere posta sotto l’egida dell’Onu. Andrea Riccardi:

R.  – Aleppo sta per essere distrutta, Aleppo muore ogni giorno. Se ne vanno i suoi abitanti è una città disperata, una città senza futuro. E noi ce ne siamo dimenticati. L’appello è perché Aleppo non diventi come Mosul, perché non se ne vadano i cristiani, perché non muoiano i musulmani, perché i bambini non soffrano il freddo. E’ una situazione drammatica che rivela la drammaticità della situazione siriana. Non ci sono iniziative in Siria, dunque iniziamo da qualche parte, cominciamo da Aleppo. E quindi due cose: un’iniziativa internazionale e un’iniziativa sul terreno. Ogni giorno Aleppo muore, quindi c’è fretta e noi chiediamo a tutti di fare pressione sui governi perché si sottragga Aleppo a un destino di morte.

D. – In che modo? Con i caschi blu, con la sovranità delle Nazioni Unite?

R. – La sovranità non si tocca, per ora noi dobbiamo “freeze”, congelare la situazione e evitare che finisca in un incendio. Noi pensiamo ai caschi blu, pensiamo a un intervento dell’Onu. Naturalmente, poi, saranno i diversi attori a doverlo determinare.

D.  – Aleppo qindi intesa come tutta la cittadinanza di Aleppo non soltanto i cristiani, Aleppo come simbolo…

R. – Aleppo come simbolo, perché Aleppo è stata la più grande città della convivenza, è storico. Io mi ricordo i tempi in cui le campane delle chiese cristiane suonavano accanto al “muezzin”. Era veramente la città della convivialità tra mondo arabo, mondo curdo, mondo armeno, mondo cristiano. Oggi tutto questo è finito, è drammaticamente finito, e sta finendo perché Aleppo viene consumata, non perché cristiani e musulmani lottano dentro Aleppo, ma perché si consuma questo carattere di Aleppo. E io ho paura che Aleppo sia abbandonata al suo destino e finisca come Mosul.

D. – Non facciamo che Aleppo diventi Mosul, pensiamo a Kobane. Kobane è stata in parte soccorsa in qualche modo dai raid della coalizione internazionale che, se non l’hanno salvata, hanno dato un sostegno. Lei pensa che questa sia la strada anche per Aleppo?

R. – No, Kobane è un’altra storia, è un’altra storia. Aleppo è un’agonia, Kobane è una battaglia.

La salvezza di Aleppo significherebbe la salvezza di tutte le componenti religiose che la vivono e non solo dei cristiani d’Oriente, per i quali Sant’Egidio ha deciso di organizzare una conferenza ad hoc il 5 e 6 marzo 2015, a Cipro. Tre le parti coinvolte, i rappresentanti delle Chiese cristiane del Medio Oriente, della politica internazionale e personalità musulmane. Un cristiano in meno in Medio Oriente, è la conclusione di Riccardi, è un pezzo di pace, convivenza e democrazia che se ne va.








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