2014-11-18 15:49:00

Vaticano. Congresso migrazioni: tutelare dignità di chi si sposta


Passano gli anni, le emergenze e le stragi silenziose, ma il problema è sempre lo stesso quando si parla di immigrati, catalizzatori di almeno quattro sentimenti di base: “diffidenza, ostilità, sospetti e pregiudizi”. A evidenziarli è stato il cardinale Antonio Maria Vegliò nell’aprire ieri il settimo Congresso mondiale della Pastorale delle Migrazioni.

Davanti ai circa 300 partecipanti di 93 Stati di ogni continente, il presidente del competente dicastero vaticano – organizzatore del Congresso ospitato dall’Università Urbaniana – ha insistito sugli aspetti positivi dell’emigrazione, puntando sugli aspetti della cooperazione e dello sviluppo. Un aspetto condiviso anche William Lacy Swing, direttore generale dell’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni) che ha riaffermato la “priorità assoluta di accogliere tutti i migranti e salvare ogni singola vita umana”, così come fatto “dall’Italia con l’operazione Mare Nostrum”.

Stamattina è spettato al segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale dei Migranti, mons. Jospeh Kalathiparambil, introdurre i lavori della seconda giornata centrati su tre temi: la “diaspora” dei migranti, specie delle famiglie, il carattere di partenariato che gli immigrati assumono nei Paesi di transito e di approdo, l’aspetto della “dignità” di ogni migrante.

Parlando della diaspora, mons. Kalathiparambil ha evidenziato che è ovviamente la ricerca di un lavoro il primo motore del fenomeno migratorio. Per la società, ma anche per la Chiesa di oggi, “è necessario – ha detto – riconoscere la necessità di rafforzare le sinergie tra migrazione internazionale e sviluppo a livello globale, nazionale, regionale e locale”. Una tavola rotonda del Congresso  tratterà in particolare la condizione della famiglia migrante. Prendersene cura, ha affermato il presule, “esige non soltanto la cooperazione tra il Paese d’origine e il corrispondente Paese di destinazione, ma anche una forte cooperazione tra la Chiesa d’origine e la Chiesa che accoglie la famiglia migrante”.

Un aspetto spesso poco considerato è il ruolo, definito “importante”, che “i migranti svolgono come partner nello sviluppo dei Paesi di origine, di transito e di destinazione”. È necessario, ha proseguito sul punto mons. Kalathiparambil, “migliorare la percezione pubblica dei migranti e della migrazione” e mettere in luce il loro “contributo” allo “sviluppo sia dei Paesi d’origine sia dei Paesi di destinazione”. Contributo che oggi sempre più vede protagonista anche la donna migrante, poiché i numeri dicono che la migrazione femminile ha toccato circa il 49% di tutta la popolazione in emigrazione. Se “in passato – ha considerato il segretario del Pontificio Consiglio – i loro spostamenti erano fortemente legati al ricongiungimento familiare”, oggi le donne sono “attori in prima linea” insieme agli uomini all’interno delle società.

Infine, la “dignità del migrante” per riferirsi alla quale mons. Kalathiparambil ha chiamato in causa le tante parole spese da Papa Francesco, che in chiunque emigri vede la “carne di Cristo” sofferente e per essa chiede comprensione e aiuto.

“La dignità umana – ha concluso – svolge un ruolo importante nella gestione dei flussi migratori e l’approccio che assumono sia le comunità civili sia quelle ecclesiali prende in riferimento la presenza di migranti al loro interno. Si tratta di un concetto che deriva dal riconoscimento che tutte le persone umane sono state creati a immagine e somiglianza di Dio”. (A cura di Alessandro De Carolis)








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