2014-11-19 14:52:00

Giappone in recessione. Il premier Abe anticipa le elezioni


Il Giappone torna in recessione e il premier Shinzo Abe decide di sciogliere la Camera Bassa e indire elezioni anticipate il 14 dicembre, per chiedere agli elettori il giudizio sulla sua politica economica la cosiddetta “Abenomics”. Abe ha rinviato al 2017 l’ulteriore aumento dell’Iva e ha promesso stimoli economici e calo dei prezzi energetici. Ma cosa è fallito del piano attuato finora e quali le prospettive per la popolazione? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Carlo Filippini direttore dell’Istituto di Studi economico-sociali per l'Asia Orientale, alla Bocconi di Milano:

R. – Ciò che è andato male è stata probabilmente la diminuzione del reddito per un altro trimestre, mentre tutti si aspettavano una certa crescita.

D. – Non c’è stata crescita, non c’è stato neanche un aumento della produzione industriale, dei consumi, nonostante questa politica espansiva del Giappone che alcuni hanno additato come “esemplare”…

R. – Delle cosiddette “tre frecce” del programma del primo ministro, quella che ha funzionato benissimo è stata la manovra monetaria. Avendo inondato l’economia giapponese di yen, di moneta, il tasso di cambio si è svalutato e la borsa è aumentata. La manovra fiscale, la seconda freccia, ha avuto esiti incerti. La terza manovra, la terza freccia, riguarda le politiche delle riforme: qui il governo non ha fatto abbastanza.

D. – Il premier, come dicevamo, si rimette al giudizio degli elettori. Se dovessero bocciare il suo piano e il piano economico che ha varato il suo governo, si potrebbe aprire la bancarotta per il Giappone?

R. – La bancarotta assolutamente no. Il primo ministro sta cercando semplicemente di sfruttare ancora un momento di elevata popolarità del suo partito, ma soprattutto di bassissima popolarità dei partiti di opposizione. Certamente, pensa di avere elevatissime probabilità di vincere ancora le elezioni, magari con una maggioranza minore, e quindi di poter continuare a governare.

D. – Qual è ad oggi la condizione della popolazione giapponese? A cosa va incontro? Anche questo è un aspetto importante…

R. – Direi che innanzi tutto i giapponesi hanno ancora degli standard di vita molto elevati, un reddito medio per abitante e un reddito disponibile elevati. C’è stata però una stagnazione nei guadagni che dura ormai da moltissimo tempo, ovvero da circa 25 anni. I redditi negli ultimi anni sono rimasti sostanzialmente piatti. C’è stato probabilmente un aumento della disuguaglianza nella distribuzione del reddito e un peggioramento degli strati più poveri. Una delle manovre, una delle politiche che Abe voleva fare era proprio quella di chiedere alle imprese di aumentare i salari.

D. – Una popolazione del genere che cosa voterà?

R. – Purtroppo, in Giappone non mi pare che ci siano grandi alternative al partito liberaldemocratico e all’attuale governo Abe. Se dovesse perdere, o a ogni modo esser fortemente indebolito, si rischierebbe di continuare con la mancanza di riforme, con l’inefficienza attuali e rinviare i problemi. Ad esempio, tra gli anziani, tra i pensionati, la grande maggioranza di questi sono pensionati ricchi e una minoranza sono relativamente poveri. In questo caso, è chiaro che il governo ha un elettorato fiducioso che lo sostiene.

D. – E comunque, l’impoverimento della popolazione giapponese è un dato in crescendo?

R. – Se non cambia qualcosa nei prossimi cinque-dieci anni, le conseguenze anche sociali saranno molto gravi.








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