2014-11-19 19:07:00

Papa: Medio Oriente servono decisioni coraggiose per la pace. Via Crucis a Gerusalemme


Appello del Papa per il Medio oriente, dopo l’odioso attacco martedì mattina in una sinagoga di Gerusalemme, che ha fatto cinque vittime, quattro rabbini ed un poliziotto, oltre ai due attentatori palestinesi rimasti uccisi. La voce di Francesco si è levata all’udienza generale di ieri assicurando preghiere e chiedendo “decisioni coraggiose” per la pace:

“Seguo con preoccupazione l’allarmante aumento della tensione a Gerusalemme e in altre zone della Terra Santa, con episodi inaccettabili di violenza che non risparmiano neanche i luoghi di culto”.

“Dal profondo del cuore, rivolgo alle parti implicate un appello affinché si ponga fine alla spirale di odio e di violenza e si prendano decisioni coraggiose per la riconciliazione e la pace. Costruire la pace è difficile, ma vivere senza pace è un tormento!”

Intanto è massima allerta in queste ore a Gerusalemme, dove si temono nuovi attentati, mentre il leader nazionalista, Bennett, ministro dell’Economia e dei servizi religiosi, ha chiesto di lanciare un’operazione militare nell’est della città santa per “sradicare – ha detto – le infrastrutture del terrore”. La tensione è pure aumentata al via libera dato ieri a costruire 78 nuove case nella parte est di Gerusalemme, annunciata anche la distruzione di strutture palestinesi. Ma a sfidare la paura oggi nella città vecchia si svolgerà una via Crucis attraverso i quartieri musulmano, ebraico e cristiano per invocare la pace. Così anche a Betlemme vi sarà una preghiera mirata nella Chiesa di Santa Caterina. L’iniziativa è stata lanciata dall’Opera romana pellegrinaggi in accordo con le autorità palestinese e israeliana e coinvolgerà alcune centinaia di pellegrini. Roberta Gisotti ha chiesto al Custode di Terra Santa padre Pizzaballa come ha accolto le parole del Papa:

Intanto, alcuni osservatori parlano di rischio di una terza Intifada. Massimiliano Menichetti ne ha parlato con  il direttore della rivista "Oriente Moderno", Claudio Lo Jacono:

R. – Il rischio è la ripresa di azioni terroristiche intense anche suicide, che erano state per alcuni anni accantonate dai movimenti più estremisti del fronte palestinese, come Hamas, il Fronte popolare e l’Associazione per il jihad islamico. Questo è il rischio grave. E naturalmente a ogni azione e a ogni reazione non si sa mettere poi fine. Non c’è un terzo in grado di imporre la pace a tutti i costi e la soluzione più logica, cioè quella di due Stati per due popoli.

D. – C’è chi dice che Israele abbia delle grandi responsabilità. Come vede lei la situazione a ora?

R. – Pessimisticamente. E l’ho vista pessimisticamente nel momento stesso in cui il governo Netanyahu ha deciso di autorizzare la costruzione di nuovi insediamenti per i coloni. Questo è un fatto che per i palestinesi e per molti osservatori è inaccettabile in un percorso che voglia arrivare a una conclusione pacifica, come tutti si augurano.

D. – C’è il rischio anche del riaccendersi delle violenze con la risposta dura di Israele?

R. – Sì. Abbiamo dei precedenti che non tranquillizzano minimamente. Sappiamo che Israele ha come principio quello della ritorsione, legittimata ai suoi occhi e anche agli occhi di tanti osservatori da un atto violento, tra l’altro perpetrato in un luogo di culto. Il discorso poi riguarderà la proporzione di questa ritorsione.

D. – Sembra che non si riesca mai ad arrivare ad un punto…

R. – Purtroppo è così. Dal 1948, assistiamo ad una crescita sempre maggiore, salvo pochissimi momenti ottimistici, dell’oltranzismo. La soluzione dei due Stati e dei due popoli, che era prevista ad Oslo, sembra una dichiarazione assolutamente di pura buona volontà, ma non c’è nessuno in grado – né gli Stati Uniti né l’Europa e né la Russia – di premere sui due contendenti. Oggi, siamo in presenza di un governo fortemente di destra in Israele e dall’altra parte ci sono organizzazioni come Hamas, l’Organizzazione per il jihad islamico e il Fronte popolare che sono assolutamente al di fuori di qualsiasi controllo dell’Anp, dell’Autorità nazionale palestinese. Io credo profondamente che la spaccatura, che si è espressa anche in termini di scontro civile tra le due anime dei palestinesi, abbia espresso una parte relativamente più moderata, che mira certamente alla nascita di uno Stato, e una parte più oltranzista, che non ha alcuna difficoltà ad usare anche la popolazione come scudo. Credo sia uno scontro tra oltranzismi oramai…

D. – E che manovrabilità ha in questo scenario l’Autorità nazionale palestinese, che non viene vista – sembra – come un interlocutore neanche da Netanyahu, il premier israeliano?

R. – Certo, perché naturalmente nel momento in cui l’Autorità nazionale palestinese non riesce a controllare tutti i territori di sua pertinenza, nel momento in cui non riesce a tenere un congresso per una serie di attentati, quasi sicuramente portati contro l’Autorità nazionale palestinese da Hamas, quello che decide ha una estensione limitata. Dunque, il governo israeliano si fa forte – diciamo – di questa strisciante guerra tra Hamas e Fatah, cioè dall’Autorità nazionale palestinese. L’auspicio è che vengano delle persone più ragionevoli su entrambi i fronti… Il discorso è che se si vuole arrivare ad una pace, si deve essere in due e si debbono fare concessioni. Non si devono soltanto esprimere parole vuote, che restano poi inapplicate.

 

 








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