2014-11-20 13:58:00

Convegno missionario. Spreafico: annunciare Vangelo nelle strade


“Alzati e va’ a Ninive”: è il titolo del IV Convegno missionario nazionale che, sulle orme della storia del profeta Giona e a dieci anni dall’ultimo appuntamento, vuole fare il punto sullo stato della missione. Circa 800 persone prendono parte all’evento che si apre oggi nel pomeriggio a Sacrofano, a nord di Roma, e dura fino a domenica. Ad intervenire in questi giorni sono fra gli altri il prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, cardinale Fernando Filoni, e il teologo Gustavo Gutiérrez. L’apertura è affidata a mons. Ambrogio Spreafico, presidente della Commissione episcopale per la Cooperazione missionaria fra le Chiese e l’Evangelizzazione dei Popoli. Debora Donnini lo ha intervistato:

R. – Siamo partiti dall’idea che la missio ad gentes sostanzialmente è il paradigma della Chiesa missionaria. Quindi questo ci insegna a riscoprire il valore di essere una Chiesa che non vive per se stessa, ma che vive nel mondo. Allora noi abbiamo scelto quattro verbi, che partono dall’esperienza di Giona e poi si coniugano un po’ in questi tre giorni di convegno: sono “uscire”, “incontrare”, “donarsi” e “ripartire”.

D. – Quando si parla di missio ad gentes, cioè di missione verso i lontani, cosa intendete e come soprattutto intendete attuarla?

R. – La missio ad gentes nella vita della Chiesa in genere è una missione – diciamo – verso soprattutto i cosiddetti Paesi di missione, ma è chiaro che oggi le genti sono anche in mezzo a noi. Noi rappresentiamo nella Chiesa italiana, quella che è proprio la missione nei Paesi dell’Africa, dell’Asia, parte dell’America Latina e quindi i Fidei donum, i missionari e i laici italiani che sono impegnati in vario modo in questi Paesi. Quindi noi partiamo un po’ da questo spirito, ma questo spirito oggi vive anche intorno a noi: non c’è solo il problema dei tanti immigrati che sono nella nostra terra e nel nostro Paese, ma c’è anche il senso di una missione che si rivolge a quelli che sono lontani, a quelli che non conoscono la fede o quelli che devono riscoprire la fede cristiana. Teniamo conto che quelli che ci frequentano sono un numero molto esiguo di persone in paragone alla popolazione del nostro Paese, nonostante siamo ancora un Paese dove la Chiesa è molto viva e c’è tanta partecipazione. E questo è un grande dono di Dio! Quindi la missione ai lontani è qualcosa che ci richiama allo spirito che noi dobbiamo vivere oggi come Chiesa in Italia e che Papa Francesco nella Evangelii Gaudium  ci ha chiesto ed è la conversione missionaria.

D. – Ma come realizzarla concretamente?

R. – Innanzitutto c’è un impegno nella Chiesa in Italia che è uno sguardo verso la missione ad gentes, quindi nei Paesi dei Continenti che ho citato prima, e penso soprattutto, per esempio, all’Asia. Ci sono poi situazioni difficili come quella dei cristiani in Medio Oriente. Pensiamo all’Iraq, al fatto che tanti cristiani sono costretti ad andarsene, alla persecuzione; ma anche al Pakistan, dove c’è una chiesa di minoranza e che soffre molto… Io dico che noi dobbiamo imparare a vivere la conversione missionaria. Allora, cosa vuol dire che noi dobbiamo andare ad incontrare gli altri? Noi facciamo le preghiere per strada? Andiamo ad incontrare la gente per strada? Visitiamo le famiglie? Questo è il problema!

D. – Quindi - secondo lei - è importante, proprio sulla scia della chiamata di Papa Francesco ad andare alle periferie, tornare ad annunciare il Vangelo nelle strade, casa per casa?

R. – E’ fondamentale! Annunciare il Vangelo e dare segni della nostra fede, della bellezza anche della nostra vita cristiana. Segni che sono la preghiera, l’incontro, una sensibilità evangelica, un umanesimo evangelico. Ci sono tanti cristiani che vivono e che potrebbero vivere - diciamo - in maniera più generosa e più consapevole questo spirito. Penso ai movimenti, alla forza anche che hanno di aggregazione, di missione, di coinvolgimento.

D.- In questi dieci anni, dall’ultimo Convegno nazionale missionario della Chiesa cattolica italiana, qual è il cambiamento della società che più la colpisce?

R. – La globalizzazione ci offre un cambiamento che noi neanche ci immaginiamo: oggi i ritmi di cambiamento sono velocissimi. Si pensi a quello che vuol dire Internet… Per questo io ho voluto dare come titolo alla mia relazione iniziale “La Parola di Dio nella globalizzazione”. In fondo Ninive per Giona era il peggiore dei nemici, ma era anche la grande città, la capitale di un impero. Allora, come il Vangelo può trasformare, rendere più umana la vita di questo nostro mondo così difficile? Io credo che questa sia una grande sfida!








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