2014-11-20 15:49:00

Mons. Tomasi: immigrati non sono una minaccia ma una risorsa


Mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, è intervenuto al VII Congresso Mondiale della Pastorale dei Migranti, in corso a Roma, sul tema della dignità del migrante. Lo sviluppo di una politica di immigrazione che non dà priorità alla persona – ha affermato il presule - porta a situazioni in cui una violazione strutturale dei diritti umani fondamentali si traduce in un sistema di vita accettato. Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Gabriele Beltrami:

R. - Davanti alla situazione attuale della crescita delle migrazioni nonostante la crisi economica, troviamo che gli Stati cercano di erigere barriere sempre più alte per proteggere la loro sovranità e per bloccare, davanti alla pressione dell’opinione pubblica, l’arrivo di nuove ondate di richiedenti asilo e di immigrati per ragioni di lavoro. Il mondo attuale è dibattuto tra questa realtà e i principi molto alti e molto nobili che sono nella giurisprudenza internazionale, trattati che sono stati firmati e ratificati dai governi, e che parlano della dignità di ogni persona. La dignità dei migranti è quella di ogni persona umana, quindi la loro dignità deve essere rispettata, ma in maniera concreta, non soltanto a livello teorico e di grandi discorsi politici. A livello concreto, bisogna facilitare la strada a quelli che vogliono emigrare per ragioni serie, obiettive, perché sono violati i loro diritti umani o perché si trovano in condizioni climatiche disastrose o per altre ragioni simili. Bisogna fare in modo che possano emigrare senza il rischio di morire nello sforzo di trovare un Paese ospitale. Ora dobbiamo porci la domanda: come tradurre questi grandi principi che abbiamo riconosciuto in misure operative? È questa la sfida davanti alla quale si trova la comunità internazionale. Però, c’è la pressione dell’opinione pubblica che spesso non riesce a vedere il beneficio che l’emigrazione porta a lungo termine sia ai migranti, sia ai Paesi d’origine, sia ai Paesi di accoglienza. Qui c’è da fare un lavoro molto importante di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, cioè creare una mentalità di accoglienza nella consapevolezza che il fenomeno migratorio non è una minaccia, ma una risorsa che può aprire alla costruzione di un’identità ancora più forte e creativa dei Paesi che ricevono persone.

D. – In questo Congresso mondiale per la Pastorale dei migranti più voci hanno chiesto un impegno più concreto della Chiesa in dialogo con gli Stati …

R. – Secondo me, in questo momento dobbiamo rinforzare l’aiuto per le emergenze di rifugiati, immigrati e altre persone sradicate dal loro ambiente e dalle loro case. Però, questa azione di carità e di solidarietà umana deve essere messa in parallelo con una riflessione nuova sulle relazioni internazionali. Le relazioni tra Paesi sviluppati e Paesi poveri o tra Paesi sicuri e Paesi dove ci sono dei problemi politici e di violenza, devono essere rivedute nel senso che dobbiamo evitare che le cause di disuguaglianza, perché manca accesso ai mercati, o le cause di violenza, perché ci sono interessi politici, non trovino una soluzione. Non si può dare ospitalità a qualche rifugiato oppure mandare qualche milione di dollari per un aiuto allo sviluppo quando poi nei rapporti interstatali, nelle relazioni internazionali, si continua a costringere certi Paesi a vivere situazioni impossibili per cui producono continuamente nuove ondate di emigrati.








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