Ancora altissima tensione sul Jobs act, la riforma del mercato del lavoro da oggi
all’esame dell’aula della Camera dopo il via libera della commissione. Oggi nuovo
durissimo attacco al premier Renzi da parte del leader dei metalmeccanici della Cgil
Landini. Ferma la reazione del Pd. Servizio di Giampiero Guadagni
Si avvicina lo sciopero proclamato da Cgil e Uil e i toni dello scontro si fanno sempre
più aspri. Renzi afferma: tolto l’ostacolo dell’articolo 18, ora si può investire
in Italia. Replica il leader Fiom Landini: il premier sta trasformando in lavoro e
schiavitù. Ma è un’altra frase di Landini a fare scoppiare un’autentica bufera. E
cioè: Renzi deve riconoscere che non ha il consenso delle persone oneste. Così Landini
offende milioni di lavoratori, risponde il presidente Pd Orfini. E Renzi rilancia:
il lavoro si salva non con le polemiche ma tenendo aperte le fabbriche. Corregge allora
il suo pensiero Landini: il premier non ha il consenso della maggioranza dei lavoratori
che paga le tasse. In campo anche il nuovo segretario generale Uil Barbagallo che
invita il premier a “inventarsi una scusa per farci evitare lo sciopero”. Sul Jobs
act scettico Berlusconi, per il quale la riforma non aumenterà occupazione. Intanto
sono circa 200 gli emendamenti presentati alla Camera sul provvedimento, da oggi all’esame
dell’aula. Tra i punti centrali i contratti a tutele crescenti per i neoassunti, con
le modifiche all'articolo 18 concordate anche con la minoranza Pd.
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