2014-11-21 07:57:00

Usa. Il presidente Obama vara il decreto sull’immigrazione


"Non è un'amnistia di massa. Si tratta di responsabilità e di buon senso": così, dalla Casa Bianca, il presidente Barak Obama ha parlato del decreto che di fatto regolarizza cinque milioni di immigrati illegali, garantendo loro un permesso di soggiorno e di lavoro. Il servizio di Massimiliano Menichetti:

E’ l'atto sull'immigrazione più significativo degli ultimi 30 anni. Voluto dal presidente Obama e portato avanti a colpi di decreto, che costa al leader statunitense l’accusa dei repubblicani di abuso di potere. In diretta tv dalla "East Room", della Casa Bianca, Obama parla delle origini migratorie dell’America, ribadisce la necessità di “uscire dall’ombra” in un “sistema malfunzionante visibile a tutti”, rimarca. In dettaglio il piano di Obama, che rafforza anche il controllo dei confini dello Stato, prevede che circa 5 milioni di immigrati clandestini scampino alla cosiddetta “deportation”, ovvero il rimpatrio forzato nei Paesi di origine. Il provvedimento riguarderà chi vive da più di cinque anni negli Stati Uniti, o chi ha un figlio nato negli Usa, o chi è titolare di un permesso di soggiorno permanente. Con questi requisiti e senza reati a carico, si potrà ottenere un permesso di lavoro di tre anni. Obama ha lanciato anche una sfida alla destra, che da gennaio avrà il controllo di entrambe le camere del Congresso: Per “i membri che mettono in dubbio la mia autorità di rendere il nostro sistema dell'immigrazione migliore – dice – ho una risposta. Varate voi una legge". 

Per un commento, abbiamo intervistato la professoressa Raffaella Baritono, docente di storia e politica degli Stati Uniti d'America, dell'Università di Bologna:

R. – Obama riprende con forza un progetto che doveva essere quello del "Dream act", cioè una proposta di legge per regolarizzare l’immigrazione clandestina, che ha numeri non banali e riguarda persone che vivono negli Stati Uniti da anni. Queste persone svolgono lavori importanti, manodopera, servizi relativi alla cura, attività che gli americani di classe media non vogliono più fare.

D. – I repubblicani parlano di abuso di potere da parte di Obama. Lui ha rilanciato: “Allora varate voi una legge in tempi brevi”…

R. – Obama ha utilizzato uno strumento che la Costituzione dà al presidente, il decreto. Naturalmente è una prova di forza per dimostrare che lui non è stato indebolito dal risultato disastroso che il Partito democratico ha avuto nelle elezioni di metà mandato, e questo deve avere un significato per i prossimi due anni sia per la sua legacy, sia per la possibilità che il Partito democratico potrà avere nelle elezioni presidenziali, di fronte ad un Partito repubblicano che apparentemente sembra essere stato rilanciato.

D. – Quanto conta la manodopera che viene dalla migrazione e quanto conta sanare adesso questa situazione?

R. – La manodopera conta tantissimo. Lavori a bassissimo costo e senza tutele… E' un’immigrazione particolarmente significativa che coinvolge gli Stati a ridosso della frontiera, soprattutto di quella messicana, ma anche persone provenienti da altre parti del mondo. Sicuramente, l’immigrazione latinoamericana è quella più consisitente e pesa di più a livello politico. Rispetto a una tendenza registrata dal censimento americano, questo tipo di migrazione vede la componente latinoamericana come quella con i tassi di crescita più elevati nel prossimo futuro. Quindi, la conquista del voto latino, la necessità di affrontare un tema come quello dell’immigraizone clandestina è sicuramente un elemento importante sia dal punto di vista della stabilità sociale, sia dal punto di vista delle prosepttive politiche.

D. – In realtà, dunque, la decisione di Obama non è una riforma…

R. – Non è una riforma perchè non è che vengano messe in discussione o riviste le norme che riguardano i flussi di ingresso, le norme di naturalizzazione. Il decreto di Obama semplicemente dà delle garanzie, delle sicurezze, a coloro che non hanno un legale permesso di soggiorno e si trovano in determinate condizioni. Questo non significa però che non sia un atto molto coraggioso da parte di Obama, che mette all’interno della discussione pubblica un tema su cui si gioca il futuro degli Stati Uniti. Su cui si gioca anche una certa immagine americana di Paese aperto. Un Paese, che come Obama stesso ha più volte espresso, “di immigrati” e che sugli immigrati ha costruito la sua fortuna e la sua capacità di proporsi come modello al mondo.








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