2014-11-24 06:49:00

Vescovi francesi: l’aborto non è un diritto fondamentale


Il 26 novembre l’Assemblea nazionale francese è chiamata a votare una risoluzione che mira a “riaffermare – recita il testo - il diritto fondamentale all’interruzione volontaria di gravidanza in Francia e in Europa” ed “il diritto universale delle donne a disporre del loro corpo liberamente, come condizione indispensabile per la costruzione dell’uguaglianza reale tra donne e uomini in una società progredita”.

Ma contrarietà viene espressa dalla Conferenza episcopale francese (Cef): in una dichiarazione diffusa da mons. Guy de Kerimel, vescovo di Grebole-Vienne e presidente del gruppo di lavoro della Cef dedicato al “Fenomeno sociale dell’aborto e questioni educative”, si ribadisce, infatti, che “imporre l’aborto come una procedura medica ordinaria al servizio della libertà delle donne manifesta la difficoltà di fondare in maniera solida questo presunto diritto fondamentale”. Come può, infatti – spiega il presule – “un diritto umano basarsi sulla negazione del diritto alla vita di altri esseri umani all’inizio della loro esistenza e della loro crescita?”.

Naturalmente, si legge ancora nella dichiarazione, “la promozione della libertà femminile e delle pari opportunità tra uomo e donna sono cause giuste da sostenere e sottoscrivere”; tuttavia la questione è un’altra: “Di quale libertà si parla?”. “Quando si leggono le storie di tante donne che hanno abortito – afferma mons. de Kerimel – si devono comprendere anche le loro angosce, le pressioni e le sofferenze che esse provano per essere state condotte a commettere un atto che esse ritengono grave”. Per alcune donne, continua il presule francese, si tratta di “un vero e proprio inferno”, tanto che anche “sociologi, psicologi e psicoanalisti, lontani da riferimenti religiosi, conoscono tali situazioni dolorose”.

In un contesto in cui “il trauma post-aborto viene passato sotto silenzio o semplicemente negato”, quindi, si chiede mons. de Kerimel, “si può parlare di libertà?”. Certamente, evidenzia ancora il presule, “la libertà è fondamentale nei rapporti uomo/donna, nella maternità e nella paternità”, ma essa deve essere “una libertà responsabile, una libertà che si impegna in favore del dialogo”. Per questo, è la conclusione del vescovo francese, “bisogna lavorare a monte per far sì che la gravidanza non sia intesa come una ‘aggressione’ che giustificherebbe la legittima difesa tramite la soppressione de ‘l’aggressore’ “, ovvero il nascituro, poiché “esso è un innocente”. (A cura di Isabella Piro)








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