2014-11-26 16:15:00

L'economista Boeri: necessaria la riforma del mercato del lavoro


“Grazie ai deputati che hanno approvato il #JobsAct senza voto di fiducia. Adesso avanti sulle riforme. Questa è #lavoltabuona”. E’ il tweet con cui il premier Renzi esprime la sua soddisfazione dopo l’approvazione, ieri sera alla Camera, della riforma del mercato del lavoro che passa ora in seconda lettura al Senato. L’obiettivo del governo è arrivare al via libero definitivo la prossima settimana, comunque entro il 9 dicembre per poi varare i decreti delegati entro fine anno. Diverse le posizioni dei sindacati: assolutamente contraria al Jobs act la Cgil che contro il provvedimento sta valutando l'ipotesi di ricorrere alla Corte di Giustizia europea. I giovani della CGIL hanno indetto, per oggi a Roma, manifestazioni di protesta per dire, approfittando della pioggia, che "Il Jobs act fa acqua da tutte le parti". Nel Jobs act "ci sono aspetti  positivi", afferma invece Annamaria Furlan, segretario  generale della Cisl, che dice di aspettare ora i decreti attuativi. Spiegando la posizione della 'fronda' dei 29 parlamentari del PD che hanno detto no al provvedimento, Gianni Cuperlo afferma: “Il punto a cui si è arrivati non è soddisfacente. Il problema non è come licenziare, ma come assumere".

Tra le modifiche più significative che hanno ridisegnato la delega così come uscita dal Senato, quelle che riguardano l'articolo 18 che prevede ora il reintegro solo per alcuni tipi di licenziamenti disciplinari e per quelli discriminatori. Tra i punti di forza, l’aumento degli ammortizzatori sociali, l’introduzione del contratto unico, l’indennità di maternità prevista per tutte le lavoratrici e la possibilità di ferie solidali a vantaggio dei colleghi che ne hanno particolare necessità. La domanda fondamentale che molti ora si pongono è se con le nuove norme ci sarà un calo della disoccupazione. Una domanda corretta? Adriana Masotti lo ha chiesto all’economista Tito Boeri, professore alla Bocconi di Milano:


 
R. – Io penso che il nostro mercato del lavoro sia il peggiore d’Europa perché ha prodotto più disoccupazione, ha escluso i giovani, ha impedito che si investisse nel capitale umano. Per cui, è importante riformare questo mercato del lavoro e vedo che ogni volta che si cerca di farlo, c’è qualcuno che vuole mantenere le cose come stanno. Questa è solo una legge delega, quindi si limita a fissare principi generali su cui poi il governo dovrà intervenire. Chiaramente, il modo con cui il governo interverrà è fondamentale perché, in queste questioni, i dettagli sono davvero tutto. Introdurre un contratto a tutele crescenti non è un modo per licenziare di più: al contrario, vuol dire licenziare molto meno. Oggi si può licenziare i lavoratori all’ingresso nel mercato del lavoro e non costa nulla al datore di lavoro, dato che li assume tutti con contratti temporanei o nel parasubordinato. Però, chiaramente, bisogna vedere cosa esattamente il governo vorrà fare.

D. – A monopolizzare il dibattito di questi mesi sul Jobs act è stato l’articolo 18. Ora si è arrivati al reintegro per i licenziamenti disciplinari e discriminatori e non per quelli di natura economica. Le sembra un buon compromesso?

R.  – No. Se davvero dovesse, alla fine, prevalere una situazione in cui c’è il reintegro per i disciplinari e non per gli economici, temo che si andrebbe ad allungare le controversie, perché il datore di lavoro avrebbe tutti gli incentivi a motivare il licenziamento per ragioni economiche e il lavoratore, invece, a mostrare che la vera motivazione è di natura disciplinare. Ricordiamoci che ciò che oggi è il maggiore deterrente ad assunzioni a contratto a tempo indeterminato è la grande incertezza che c’è riguardo ai costi effettivi dei licenziamenti. E io vedrei con favore una situazione in cui in realtà il lavoratore viene trattato meglio quando il licenziamento è economico piuttosto che disciplinare.

D. – Cambiano con questo provvedimento, la cassa integrazione e gli ammortizzatori sociali…

R. – Si dovrebbe abolire la cassa integrazione in deroga che era effettivamente un’anomalia italiana ed è qualcosa che non viene pagato dalle imprese e che quindi è stato largamente abusato. Quindi è giusto abolirla e avere un sistema di cassa integrazione che funzioni bene. E’ importante anche allargare invece la copertura dei sussidi di disoccupazione perché il problema dell’Italia è che abbiamo tantissimi disoccupati che non hanno accesso ad alcun tipo di protezione. Questo è qualcosa che costa però, e la mia impressione è che gli stanziamenti previsti dalla legge di stabilità per questa riforma siano insufficienti.

D.  – Sono previste iniziative di tirocinio, di formazione per i giovani, la cosiddetta "Garanzia giovani", ma ad esempio oggi i giovani della CGL manifestano per dire che questo provvedimento fa acqua da tutte le parti…

R. – La “Garanzia giovani” è una presa in giro messa in piedi a livello europeo, un fallimento preannunciato da tempo. Se si vuole maggiormente puntare sulla formazione bisogna fare due cose. La prima è quella che c’è nel Jobs act, cioè il contratto a tutele crescenti, perché è un modo per allungare la durata dei contratti e quindi stimolare sia il datore di lavoro che il lavoratore a investire in formazione sul posto di lavoro. La seconda cosa da fare è migliorare la transizione dalla scuola al lavoro. E su questo penso che bisognerebbe prendere esempio da Paesi in cui la disoccupazione giovanile è molto bassa come la Germania, come la Svizzera, come l’Austria.

D. – Poi, l’introduzione universale dell’indennità di maternità estesa appunto a tutte le lavoratrici. Questo mi sembra importante per le donne…

R. – Assolutamente, questo è un provvedimento molto importante. La riduzione del dualismo del nostro mercato del lavoro è qualcosa che serve proprio per evitare che ci siano situazioni in cui il datore di lavoro ha un eccessivo potere nei confronti del lavoratore e quindi non rispetta neanche gli standard minimi. La filosofia degli interventi di politica del lavoro in Italia dovrebbe essere proprio quella di tutelare a tutti i costi gli standard minimi. E mi riferisco anche a standard minimi salariali. Anche su questo il Jobs act prevede un compenso orario minimo ma la definizione è molto ambigua per ora.

D. – Insomma lei dice: è importante mettere mano alla normativa sul lavoro, ma c’è ancora da fare…

R.  – Assolutamente non è certo il momento adesso di cantar vittoria… Avremo una riforma non solo quando il Senato voterà la legge delega, ma soprattutto quando il governo presenterà i decreti attuativi. A quel punto potremo dire se c’è stata davvero una riforma del nostro mercato del lavoro.

 








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