2014-11-28 10:37:00

Turchia: rapporti tra Stato e religioni, intervista con Cenap Aydin


La prima giornata del Papa in Turchia è dedicata all'incontro con le autorità politiche del Paese. Sul rapporto tra Stato turco e comunità religiose Francesca Sabatinelli ha sentito Mustafa Cenap Aydin, ricercatore dell’Università Gregoriana e direttore dell’Istituto Tevere, associazione culturale impegnata nel dialogo interculturale e interreligioso:

R. – Il rapporto tra le comunità religiose e lo Stato turco non è sempre stato molto facile. Certamente, in Turchia c’è un laicismo che spesso non ha favorito la presenza delle comunità religiose con piena libertà religiosa, inoltre, lì dobbiamo essere molto attenti a come definire la libertà religiosa, perché non parliamo soltanto della libertà di culto. Faccio un esempio: il Seminario del Patriarcato ecumenico sull’Isola di Halki è chiuso da 40 anni. E’ vero che le chiese ortodosse sono aperte e che i greco-ortodossi che vi si recano possono pregare, ma se non hanno la possibilità di formare i sacerdoti, il clero, come possiamo parlare di libertà di culto? Quindi, questo è un problema ancora attuale. Negli ultimi anni, soprattutto negli ultimi 10 anni, parliamo di un progresso, nel senso che dal 2000 al 2008-2010 la Turchia ha fatto qualche ulteriore passo avanti adottando le riforme europee. L’aiuto dell’Europa è molto importante, soprattutto sul piano dei diritti umani fondamentali: ci sono stati casi di proprietà confiscate dallo Stato turco che sono stati portati a Strasburgo, alla Corte europea dei diritti umani. Sulla scia di tutti questi avvenimenti, lo Stato turco aveva preso qualche iniziativa per il progresso in questo campo, ma negli ultimi due-tre anni questo percorso sembra essersi fermato un po’, pur avendo sempre un dialogo. Non parliamo solo di comunità religiose etniche storiche, oggi la Turchia ospita ormai due milioni di siriani che non parlano turco, non sono tutti musulmani, quando anche fossero musulmani, sappiamo bene che l’islam è diverso a seconda degli ambienti. Quindi, l’islam anatolico non è l’islam siriano e quindi questi profughi, venendo in Turchia, portano anche il loro bagaglio culturale, religioso e linguistico e adesso la Turchia si trova anche a dover affrontare questo grande problema. Secondo me, non può risolvere questo problema senza aiuto internazionale, senza l’appoggio della comunità internazionale.

D. – I profughi sono tutti coloro che in questi anni sono fuggiti dalla guerra in Siria, guerra che preme alle porte della Turchia che però si trova a combattere anche con il pericolo del sedicente Stato islamico, parliamo del “califfato”, che è penetrato in territorio turco. In qualche modo, la visita del Papa richiamerà quell’attenzione della comunità internazionale che la Turchia sta chiedendo fortemente?

R. – Certamente la visita del Papa è molto importante in questo senso: conosciamo infatti molto bene la vicinanza del Papa ai profughi, non solo ai profughi ma a tutti gli emarginati. Io direi che si dovrà tenere conto non solamente del messaggio che Papa Francesco pronuncerà in Turchia, ma anche i messaggi molto chiari che lui ha lanciato in passato. Ricordiamo bene, quasi un anno fa, nel documento “Evangelii gaudium” il Papa ha detto chiaramente che l’interpretazione adeguata del Corano da parte dei musulmani autentici non permetterebbe mai alcun tipo di violenza, come anche il Corano non può mai essere interpretato per giustificare la violenza.

D. – In prossimità della partenza di Papa Francesco, viene rievocata la visita che Benedetto XVI fece alla Moschea Blu, quell’importante momento di raccoglimento. Papa Francesco andrà, anch’egli, alla Moschea Blu con gesti che faranno capire l’amicizia e la fraternità verso l’islam …

R. – Certamente, questa visita alla Moschea Blu è molto importante. La visita di Papa Benedetto era stata molto apprezzata perché la Moschea Blu è molto importante e ha un forte valore simbolico non soltanto per la Turchia ma per tutto il mondo musulmano, è una moschea con sei minareti, un’opera eccezionale. La visita del Papa Benedetto fu certamente molto apprezzata dal media turchi e da quelli musulmani, perché fu un momento di riconciliazione, di apertura. Ricordiamo bene quel momento di silenzio, interpretato anche come momento di preghiera. Adesso, certamente, la scelta di Papa Francesco di andare lì e anche a Santa Sofia rappresenta un fortissimo gesto, legato sempre a tutti i gesti di Papa Francesco per il dialogo islamo-cristiano soprattutto. Per questo, questo gesto riceverà un’accoglienza molto positiva dal popolo turco e più in generale dalla gente di fede musulmana nel mondo.








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