2014-12-01 13:24:00

"Incubo finito". Scagionata insegnante accusata di omofobia


“E’ finito un incubo”. Adele Caramico, l’insegnante di religione di Moncalieri, ingiustamente finita nella bufera mediatica con l’accusa di omofobia, commenta così la chiusura del caso da parte dell’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte. “La professoressa – si legge in un comunicato – ha svolto la propria funzione educativa nel rispetto dei diritti e della dignità degli studenti”. La docente era stata falsamente accusata da un suo allievo di aver definito l’omosessualità una malattia: la denuncia, smentita dal resto degli studenti, era stata poi amplificata dall’Arcigay. Paolo Ondarza ha intervistato la stessa prof.ssa Caramico:

R. - Diciamo che è finito un incubo, anche se le conseguenze ci sono ancora. La questione è durata più di venti giorni. Uscivo per strada e non potevo neanche andare al supermercato perché venivo indicata come l’insegnante omofoba, i miei figli venivano additati come figli dell’omofoba… Non è stata una cosa facile da affrontare. Sono finita dappertutto, anche sui giornali all’estero, e anche alla “Vita in diretta”, alla Rai. La mia vita familiare è stata violentata, perché un giornale ha dedicato tre o quattro pagine su di me, hanno reperito delle mie fotografie e non so chi gliele abbia date...

D. - È finita su questi organi di informazione senza che nessuno le desse voce…

R. - Nessuno mi ha dato voce, nessuno mi ha chiesto niente. L’unica voce in mio favore è stata quella di Avvenire.

D. - Venti giorni molto duri in un clima di caccia alle streghe. Lei ha detto: “Schiacciata dalla macchina del fango”…

R. - Sì, poi ho scoperto che era stata coinvolta la politica. Ben cinque deputati hanno chiesto un’interrogazione contro di me al ministro.

D. - È questo forse che l’ha spaventata di più?

R. - Sì, mi ha spaventato molto. Anche il presidente della Commissione istruzione al Senato ha presentato un’interpellanza urgente per il mio caso. Mi ha spaventato perché io non avevo fatto niente e non riuscivo a capire il motivo per cui queste persone facessero tutte queste cose. Il consigliere comunale radicale di Torino, Viali, ha detto che io mi dovevo sottoporre a un corso d’aggiornamento, una specie di “rieducazione”. Ma su cosa? Non lo so. Addirittura, anche il vicesindaco della città di Moncalieri ha detto che dovevano essere presi contro di me provvedimenti efficaci.

D. - Da quanto insegna?

R. - Da 30 anni. Non mi è mai capitato un’esperienza del genere e non ho mai sentito di esperienze del genere. Certamente, in 30 anni ho affrontato questi argomenti nelle mie classi.

D. - C’è da dire che la maggior parte dei suoi allievi però l’ha difesa?

R. - Sì, si preoccupavano per la mia salute, di ciò che succedeva e per loro era una cosa assurda ciò che era accaduto e che stava accadendo in quei giorni.

D. - Si è sentita sola in questi venti giorni?

R. - La mia famiglia mi è stata vicino ovviamente, poi Avvenire, l’avvocato Amato con tutti i Giuristi per la vita, i colleghi… So che hanno raccolto anche delle firme per me.

D. - E come ha appreso che l’incubo era finito?

R. – Da La Repubblica, edizione di Torino. Fino alla mattina in cui è uscito questo articolo, chiedevamo a scuola di sapere qualcosa, ma non c’è stato detto assolutamente nulla.

D. - C’è da dire che il caso, quando è nato, è finito su tutti i giornali con grande enfasi con due, tre, quattro pagine di quotidiani. Quando è stato chiuso la notizia ha avuto minore diffusione…

R. - C’era appena un trafiletto piccolino, in mezzo alla pubblicità, soltanto nell’inserto de La Repubblica di Torino e basta. Poi, molti altri giornali hanno ripreso la notizia da Avvenire e di conseguenza si è diffusa.

D. - Per lei la vicenda è chiusa?

R. - Insieme con i legali, valuto la possibilità di andare per via giudiziale, per chiedere risarcimento per tutto quello che ho sofferto in questi giorni. Non è stato soltanto diffamato il nome di una persona, ma proprio la dignità della persona. E poi anche per un altro motivo: sono un’insegnante di religione cattolica, lo leggo come un attacco all’insegnamento della religione cattolica. Penso anche ai miei colleghi: chiunque si potrebbe trovare in questa situazione. Visto che la mia sembra diventata una categoria a rischio, sto valutando questo tipo di azione  con i legali.

D. - C’è un clima di intimidazione per gli insegnanti di religione in particolare?

R. – Sì, c’è un clima intimidazione sugli insegnanti di religione, come se noi dovessimo insegnare ciò che altri decidono. Io sono stata nominata insegnante di religione cattolica dalla Cei, anche se sono dipendente dello Stato italiano. Ho un’idoneità che mi è stata data dal vescovo. Io devo insegnare con fedeltà in adesione al magistero della Chiesa.

D. - Il parlamento sta studiando una legge contro l’omofobia. Ecco, qualora passasse una legge contro il reato di opinione, come qualcuno dice, il suo caso potrebbe non diventare un caso isolato?

R. - Penso proprio di no, perché come sono stati capaci di inventarsi delle bugie su di me, le possono inventare su chiunque. È veramente una caccia alle streghe. Mi sono sentita come i primi cristiani che venivano perseguitati senza aver fatto o detto nulla di male. Forse non va bene come paragone, ma è stato questo quello che ho sentito. Mi dicevo: “Ma non ho fatto nulla, non ho mai detto quella frase”.

D. - E ora come sta?

R. - Sto bene, faccio lezione normalmente.

D. - Ha paura ad affrontare certe tematiche “sensibili”?

R. - No, non ho paura. Nonostante tutta questa bufera, mi sono sempre detta che quando si dice e si parla della verità e si cerca di portarla avanti, non si deve aver paura.








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