2014-12-01 13:45:00

Turchia. P. Monge: Francesco e Bartolomeo, visione profetica


Con i loro gesti fraterni e la loro stima reciproca, Papa Francesco e Bartolomeo hanno dato un esempio e schiuso un orizzonte alle rispettive comunità ecclesiali. È l’osservazione di un religioso domenicano, padre Claudio Monge, che nei giorni scorsi ha da vicino seguito il viaggio apostolico in Turchia. La nostra inviata a Istanbul, Francesca Sabatinelli, lo ha intervistato:

R. – Francesco si impone all’attenzione attraverso la mitezza del suo stile. E credo che abbia invitato fortemente, attraverso dei gesti, a usare l’incontro diretto, questo dal punto di vista ecumenico. Ha anche invitato e sollecitato in modo estremamente forte, chiaro, anche lo stesso mondo cattolico, così variegato al suo interno, a usare molto di più con creatività, l’incontro e l’unità.

D. – Il richiamo al mondo cattolico è stato molto chiaro nell’omelia in cattedrale. C’è una divisione qui in Turchia delle comunità cattoliche? Ricordiamo che sono quattro i riti…

R. – Sono quattro i riti principali... Io non credo ci sia una divisione preconcetta ma di fatto, spesso e volentieri, quando si è una minoranza la tendenza – se non si ha un po’ il coraggio profetico di andare all’incontro con l’altro, di rinnovare continuamente anche la freschezza dell’annuncio evangelico – è quella appunto di sviluppare una sorta di guscio per proteggere e salvare il salvabile di quello che rimane. Il secondo aspetto, secondo me molto importante, è la tendenza un po’ a ripiegarsi in una memoria “archeologica” della propria storia gloriosa, del proprio passato, senza fare di questa memoria fondamentale, essenziale, una base di partenza per costruire il presente e costruire il futuro in nome del Vangelo. Mi ha colpito molto che sia stato fortemente sottolineato anche da Bartolomeo quando ha ricordato che è uno sperpero il fatto di passare un millennio per conservare giustamente un deposito della fede se poi questo lavoro di memoria di conservazione della tradizione non ci porta a costruire il presente e a costruire il futuro…

D. – Un futuro che però molti cristiani qui temono. Il fatto di essere diminuiti in modo così drammatico fa temere il rischio di una scomparsa dei cristiani d’Oriente…

R. – Se parliamo a livello di secolo, è chiaro che negli ultimi 100 anni la presenza cristiana in queste terre è drasticamente diminuita. Se il nostro sguardo va invece più recentemente, agli ultimi anni, i discorsi che parlano semplicemente in modo allarmistico di una tendenza alla scomparsa non sono completamente giustificati da un punto di vista statistico. Perché non è statisticamente vero che la presenza dei cristiani in Turchia stia diminuendo ulteriormente. Infatti, a fronte di una effettiva diminuzione della presenza di certe chiese storiche, in realtà la presenza cristiana in senso lato sta cambiando molto: sta accogliendo nuovi fratelli, nuove sorelle da altri continenti, dall’Africa, e penso ancora alla grande migrazione asiatica che continua. Penso soprattutto alle Filippine, in termini cristiani. E’ una Chiesa in movimento che chiaramente chiede un rinnovamento anche di pastorale, una flessibilità, una freschezza, un’agilità che solo un confronto diretto con il Vangelo può dare.

D. - Le immagini di Papa Francesco e Bartolomeo raccontano la loro amicizia, la loro sintonia. Cattolici e ortodossi stanno seguendo il percorso tracciato dalle loro figure di riferimento?

R. – L’impressione generale è che soprattutto durante questo viaggio i due leader abbiano deciso di fare uno scatto netto in avanti e penso sia un dovere dei leader. I leder devono avere anche una dimensione profetica, però è anche compito poi dei leader trovare gli strumenti, prima di tutto per aiutare le rispettive comunità a seguire in questo cammino. Sicuramente, c’è molto lavoro da fare. Penso sia davvero necessario in nome del Vangelo che ci accomuna lasciarci guidare anche un po’ dalla creatività dello Spirito.

D. – Cosa lascia ai turchi il viaggio del Papa?

R. – I veri credenti oranti sanno in qualche modo trovare una direzione comune verso un Dio da invocare e – ci ha detto in modo un po’ nuovo e forte Papa Francesco – anche da adorare: un termine un po’ nuovo che ha introdotto nell’ambito del dialogo interreligioso, come per dire che c’è un riconoscimento comune del fatto che l’incontro è possibile nella misura in cui è frutto di un dono che viene da Dio stesso. E finché non conosci, o meglio, non riconosci la grandezza di questo Dio, non puoi neanche accogliere da Lui il dono dell’unità che ti vuol dare.

Più volte il Papa in questo viaggio ha parlato di unità tra le diverse confessioni e religioni. Ma come sono state accolte le sue parole dai più giovani? La nostra inviata Francesca Sabatinelli ha raccolto la testimonianza di Isabel Cankardes, 23.enne sirocattolica di Instanbul, del Cammino Neocatecumenale:

R. – Durante la Messa, ho sentito il Papa dire: “Noi dobbiamo essere uniti”. Per noi giovani specialmente è un po’ difficile amare il prossimo, non odiare. Però ho capito che si deve fare, perché altrimenti non si va avanti. In questo Paese viviamo con i musulmani e altre religioni: è sempre più difficile vivere, andare avanti…

D. – Ma quali sono le difficoltà che una giovane cattolica come te incontra ogni giorno in un Paese a così larga maggioranza musulmana?

R. - Vivere in un Paese musulmano è difficile, nel senso che io per loro sono diversa dagli altri, perché quando mi incontrano mi chiedono sempre: “Perché ti chiami Isabel? Allora sei cristiana. Ogni domenica vai a Messa?”… Ti vedono sempre come la persona più diversa del mondo. È chiaro, perché noi siamo lo 0,01% qui… Ma ho anche l’opportunità di vedere ogni giorno cosa faccio e cosa vivo, che cosa voglio seguire. Ponendomi queste domande, forse sono più forte.

 

D. – L’aspetto forse più importante di questo viaggio è il dialogo ecumenico. Quanto è importante il rapporto con gli ortodossi?

 

R. – Penso sia molto importante, perché ora c’è una linea tra cattolici e ortodossi. Personalmente, non conosco tutte le differenze, perché siamo cristiani e, come dice il Papa, dobbiamo essere uniti. Penso che pian piano si inizia a essere uniti vedendo tutte queste cose che anche Papa Benedetto XVI aveva notato e detto con lo stesso messaggio. Quindi, forse iniziamo ad essere uniti.








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