2014-12-05 13:49:00

Usa: ancora proteste per gli afroamericani uccisi dalla polizia


I casi di violenze di agenti di polizia bianchi su afroamericani disarmati infiammano le piazze degli Stati Uniti. L’ultimo episodio, giovedì scorso a Phoenix, mentre a New York il gran giurì tornerà a riunirsi per decidere su un caso accaduto a Brooklyn. E se la Casa Bianca si appresta a varare una riforma in materia di sicurezza, la popolazione reagisce. Ieri, terza notte consecutiva di manifestazioni in diverse città, con una cinquantina di arresti. Al microfono di Marco Guerra sentiamo il commento di Dennis Redmont, responsabile della comunicazione del Comitato Italia-Usa:

R. – Si diceva che il presidente Barak Obama sarebbe stato il primo presidente post-razziale, “post-racial”. In verità, il problema razziale negli Stati Uniti è un cancro che continua a rodere le budella dell’America, non si è mai fermato dalla guerra civile. Basta andare nei Paesi del sud per capire questa eredità pesante. Naturalmente, ci sono stati i grandi movimenti dei diritti civili negli anni Sessanta, con Martin Luther King, con Kennedy, Robert Kennedy... E poi, con un presidente del sud, Lyndon Jhonson, che 50 anni fa con la "Great Society" e le varie misure per l’integrazione ha portato a termine questa eguaglianza dei diritti per i bianchi e per i neri, andando anche a integrare le università. Si pensava che l'uguaglianza razziale fosse una cosa fatta, soprattutto con l’elezione di Barak Obama. Invece, per vari fattori questo non si è verificato. Uno dei fattori è proprio questa serie di decessi: più di 400 persone all’anno muoiono per mano delle Forze dell’ordine americane e molte di queste sono di razza nera. Ci è resi conto adesso che c’è un problema riguardo proprio alla cultura poliziesca dell’impunità e, in secondo luogo, un problema serio riguardo alla giustizia.

D. – Obama è intervenuto dicendo che “c’è un problema da risolvere”, mentre il sindaco di New York, De Blasio, ha scatenato polemiche raccontando di aver detto al figlio di stare attento alla Polizia… C’è una spaccatura anche nella politica americana anche su questi fatti? Ci si divide sul comportamento della Polizia?

R. – Non vi è dubbio che la fiducia nella Polizia locale non sia molto alta, né tra i bianchi né tra gli afroamericani. Anche la cosiddetta integrazione degli agenti di sicurezza neri non è proporzionata alla popolazione, come a Ferguson. Un altro problema è che molte delle armi antisommossa che gli Stati Uniti avevano in Iraq e in Afghanistan sono tornate e sono state date in dotazione ad alcune polizie locali: la quantità di forza e di violenza che si usa per fermare delle proteste è sproporzionata rispetto al delitto. Ci deve essere quella che si chiama “national conversation” e cioè un dibattito aperto su questo tema. E questo è quello che ha proposto Obama e anche de Blasio. Vedremo nei prossimi giorni, perché si parla di una marcia su Washington… Vedremo se a Natale ci sarà una spirale di violenza, oppure sarà una stagione religiosa più serena.

D. – Quindi, non c’è solo il problema razziale: andrebbero riviste le regole di ingaggio della Polizia…

R. – Si parla molto di dotare la Polizia di piccole videocamere, per arrestare le persone con trasparenza. Ma questo è solo un piccolo passo… Il presidente ha tentato di riformare le leggi sul porto d’armi, ma con pochi risultati. Ci sono stati delle morti drammatiche! E’ di oggi un’iniziativa in Texas sul porto d’armi, che va completamente in direzione opposta. Probabilmente, c’è bisogno di una cultura diversa, forse più britannica o più canadese, riguardo alla Polizia e di un sistema di revisione della giustizia: molto spesso nei tribunali si passa oltre e si dà ragione alla Polizia, piuttosto che alla vittima.








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