2014-12-10 16:03:00

Lavoro: positivo ma insufficiente il piano Garanzia giovani


“Sui decreti attuativi del Jobs act ci saranno dei momenti di confronto”, lo ha detto stamane il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti alla conferenza stampa di presentazione del Piano europeo per la lotta alla disoccupazione giovanile “Garanzia giovani” inserito nel Jobs act. Il ministro ha confermato che "entro dicembre” sarà approvato “il primo decreto sul contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Il programma “Garanzia giovani” vuol offrire tutta una serie di iniziative come stage, percorsi di formazione e di orientamento per i giovani alla ricerca del lavoro. Secondo Poletti il programma è pienamente attivo in Italia e 40-50mila sono i giovani che si iscrivono ogni mese cominciando a trovare qualche opportunità di occupazione. Adriana Masotti ne ha parlato con Francesco Pastore, professore aggregato di Economia alla Seconda Università di Napoli e Segretario di AIEL, Associazione Italiana di Economia del lavoro:

R. –“Garanzia giovani” è una bella scommessa dell’Unione Europea. E’ un po’ un cambiamento di filosofia rispetto al modo di concepire la disoccupazione giovanile in Italia. In Italia noi pensiamo quasi che sia colpa dei giovani. Invece, l’Europa invita il governo italiano a dire che la responsabilità è anche del governo e quindi il governo deve fare la sua parte. Il problema è che, concretamente, è difficile trovare e creare nuovi posti di lavoro quando l’economia è in una fase così evidente di recessione e quando la struttura del mercato del lavoro è in così gravi difficoltà.

D. – Si cita sempre il periodo difficile, la crisi, e sicuramente questa conta, ma ci sono altri motivi più profondi per cui in Italia, in particolare, si offrano così poche possibilità di lavoro ai giovani?

R. – Ho appena pubblicato un libro che si intitola “I giovani e la crisi” proprio per dire che, sì, è vero, c’è stata un’impennata della disoccupazione giovanile in Italia, così come in Spagna, in Grecia, in Portogallo negli ultimi anni, però questi Paesi, e tra questi, sicuramente, anche l’Italia, avevano già prima una condizione giovanile particolarmente svantaggiosa. Quindi, questo significa che resta una difficoltà dei giovani che va ricercata nel modo in cui noi organizziamo le transizioni scuola-lavoro. Io dico che i giovani italiani sono un po’ lasciati a se stessi e manca tutta quella infrastrutturazione del mercato del lavoro a cominciare dalle scuole, dalle università, che sono parte del processo di transizione dalla scuola al lavoro. In primo luogo, scuole e università dovrebbero fornire formazione non soltanto teorica, nozionistica, ma anche pratica legata all’esperienza di lavoro. Inoltre, scuole e università dovrebbero già cominciare a educare i giovani alla ricerca del lavoro, già dovrebbero offrire opportunità di lavoro…

D. – Fa parte del programma “Garanzia giovani” tutta una serie di iniziative di stage, di  tirocini ecc… Ogni Regione poi si muove autonomamente…

R. – Ripeto, queste opportunità sono sacrosante. Il fatto che si offrano possibilità di muoversi nel mercato del lavoro, di uscire di casa, di attivarsi, tutto questo sicuramente è una cosa positiva. Il problema è la sproporzione tra le opportunità che sono offerte sul mercato del lavoro, anche da “Garanzia giovani” e le richieste dei giovani, che sono molto superiori.

D.  – Lei è docente, quindi è a contato all’università con i giovani. Che cosa vede, che cosa dice loro, anche per aiutarli, per sostenerli?

R. – Io, nel mio piccolo, cerco di spingerli a riflettere su queste cose, ad attrezzarsi. Una cosa che io noto nei giovani, forse anche abbastanza scontata, è che c’è una forte disillusione, una forte sensazione che i loro sforzi siano inutili.  Questo è quel cambiamento di filosofia che io vedo nella “Garanzia giovani” e che auspicavo riuscisse ad incidere su questo senso di scoraggiamento che è fortissimo. I giovani oggi hanno questa sensazione: studio o non studio, cerco o non cerco il lavoro… non ci riuscirò mai. Perché chi trova lavoro è quello che magari già ha una famiglia più forte, che magari sa quali sono i tasti giusti da premere. Ci vuole più meritocrazia. Credo che anche questo sia un messaggio molto importante sul quale io insisto sempre: siete tutti uguali, mettetevi sotto e speriamo che la società dia una risposta a chi si sforza di più.

 








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