2014-12-12 14:25:00

Sciopero generale: il commento dell'economista Bevilacqua


"Lo sciopero? Reazioni che non mi sorprendono. Una parte dei sindacati percepisce che stavolta la riforma cambierà veramente il mercato del lavoro". All'indomani dello sciopero generale di Cgil e Uil, è questa la valutazione espressa dal ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.  In fondo, osserva il titolare del dicastero di Via XX Settembre, "la storia delle riforme è fatta anche di conflitti". Per un commento sulle ragioni della protesta, al microfono di Marco Guerra, abbiamo sentito l’economista ed esperto del lavoro, Nunzio Bevilacqua:

R. – I sindacati fanno il loro dovere, quello di cercare di preservare al massimo quelli che sono i diritti dei lavoratori. D’altro canto, però, è inevitabile oggi che, se vogliamo continuare a preservare i diritti, qualche cosa nel mondo del lavoro deve necessariamente cambiare, altrimenti non ci sarà più la sostenibilità del lavoro. È sicuramente un importante passo quello che il governo ha fatto con il "Jobs Act", ma sicuramente non basta per risolvere i problemi dell’Italia. Quindi, se questo contrasto è civile – affinché le modifiche che avverranno nel mondo del lavoro saranno condivise e magari anche migliorate in determinati punti – ben venga un confronto. Ma certamente oggi non possiamo più stare fermi, perché il modo del lavoro deve andare avanti per continuare a creare lavoro.

D. – Quindi, non c’è il rischio di un’eventuale guerra generazionale tra chi ha un po’ di diritti e vede levarseli e i giovani che invece chiedono un minimo di garanzie nel contesto di un lavoro precario?

R. – Ci vuole sicuramente una giusta mediazione tra queste due istanze, quindi tra un livello occupazionale, che a livello quantitativo deve aumentare, e preservare una qualità del lavoro che, purtroppo, dobbiamo renderci conto in questi tempi non può essere pari a quello di 20 o 30 anni fa, perché non avremmo più la sostenibilità.

D. – Tra le altre cose, al centro delle richieste dei sindacati l’estensione del bonus degli 80 euro a pensionati e incapienti e lo sblocco del contratto del pubblico impiego. Insomma, si chiede una risposta dello Stato alla crisi che attanaglia le famiglie. Però, c’è anche l’Europa che continua a far sentire la pressione in tema di austerità e conti pubblici…

R. – Il governo Renzi sta facendo tutto quello che è nelle umane possibilità per poter cercare di sbloccare un’economia italiana che effettivamente è ancora in sofferenza. Per quanto riguarda l’estensione degli 80 euro, sono perfettamente d’accordo sulla necessità di estenderlo ai pensionati ma anche, per una questione di uguaglianza sostanziale, ai titolari di partite Iva. Purtroppo, la grande battaglia si combatterà sul trovare le risorse finanziare per coprire queste misure.

D. – Di oggi sono i dati che rilevano una produzione industriale in Italia in calo anche a ottobre. Si può trovare una via per la crescita malgrado questa pressione dell’Europa?

R. – La via della crescita si trova sul sentiero del taglio della tassazione sulla produzione. Il nostro è un Paese purtroppo poco competitivo, abbiamo un grande prodotto in termini di made in Italy, ma purtroppo non riusciamo ad essere competitivi, perché rimanendo con questo livello di tassazione, la concorrenza di altri Paesi è troppo forte. E la politica industriale è necessario che venga accompagnata non solo da una diminuzione delle tasse, ma anche da un sistema burocratico che guardi ad altri Paesi europei come modello di efficienza, perché prima del livello di tassazione, il vero cruccio dell’imprenditore nell’iniziare una produzione e nell’assumere è il peso della burocrazia italiana.








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