2014-12-16 13:55:00

Onu: si discute sul ritiro di Israele dalla Cisgiordania


La questione israelo-palestinese al centro anche della tappa britannica della missione europea statunitense. Ieri il segretario di Stato americano, John Kerry, ha incontrato a Londra il portavoce palestinese, Saeb Erakat, proprio alla vigilia della discussione, oggi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, delle risoluzioni sul ritiro di Israele dalla Cisgiordania nell’ambito del processo di creazione dello Stato palestinese. Scontato il veto di Washington, che, tuttavia, chiede a Israele più disponibilità al dialogo. Giancarlo La Vella ne ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:

R. – Dovrebbe esserci una risoluzione avanzata dalla Giordania, a nome dell’Autorità palestinese, che è molto più dura nei confronti di Israele e pone apertamente la questione della fine dell’occupazione. E dovrebbe essercene una seconda, che viene presentata dalla Francia in accordo con la Gran Bretagna e con il sostegno, sostanzialmente, dell’Unione Europea, che invece indica un orizzonte di due anni per arrivare alla costituzione dello Stato palestinese attraverso una serie di parametri da stabilire. Per cui, la prima cosa da dire è che siamo comunque in una fase in cui ci sono attività, anche frenetiche, dal punto di vista politico, ancora in queste ore. La stessa Autorità palestinese ha capito che la risoluzione giordana non ha alcuna possibilità di passare e quindi sta cercando un accordo con gli Stati europei per arrivare a una formulazione di quella risoluzione che sia corrispondente ai desideri palestinesi. Certamente, è un passaggio importante che dice che la comunità internazionale, e in particolare l’Europa, sta cercando di riprendere un’iniziativa dopo il punto morto a cui è arrivato il processo di pace sponsorizzato soprattutto dal segretario di Stato americano, John Kerry, e che riporti al centro della questione l’obiettivo ormai non più rinviabile di un negoziato che affronti la questione dello status finale dei rapporti tra Israele e l’Autorità palestinese.

D. – Negli ultimi tempi, sembrano essersi irrigidite le posizioni del governo israeliano guidato da Netanyahu. Quali i motivi di questa parziale svolta?

R. – Da una parte, c’è il fallimento dell’iniziativa americana sostanzialmente sulla questione degli insediamenti. Israele sta andando verso nuove elezioni, a marzo, e Netanyahu si trova a fare i conti con un’alternativa che sta nascendo intorno a questo nuovo asse centriste. Ecco: questo nuovo asse che si sta formando al centro della politica israeliana, ha rimesso in movimento un po’ tutto il quadro delle alleanze e delle intese. E quindi, Netanyahu si trova a doversi spostare a destra per non perdere spazio all’interno dell’elettorato.

D. – Se è vero che si chiede a Israele di ammorbidire le sue posizioni, altrettanto bisogna dire nei confronti dei palestinesi…

R. – Ma certamente, da parte palestinese restano tutte le contraddizioni. Il famoso governo di unità nazionale, tra le fazioni dove Fatah e Hamas avrebbero dovuto essere insieme, è costantemente rimasto sulla carta, per cui il grosso limite di tutto questo dibattito è che si parla di Stato palestinese ma si fa fatica a vedere su quali prospettive potrebbe nascere.








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