2014-12-17 15:36:00

I detenuti italiani: auguri Francesco, sei sempre con noi


Anche i detenuti italiani fanno gli auguri di buon compleanno a Papa Francesco. Centinaia le lettere con le quali moltissimi si stringono affettuosamente intorno al Pontefice e lo ringraziano per i suoi continui sforzi in favore di un miglioramento della loro difficile situazione detentiva. Federico Piana ne ha parlato con don Virginio Balducchi, ispettore generale dei cappellani delle carceri:

“Francesco è con noi nella cella”
R. – Dalle lettere che arrivano continuamente quasi tutti i giorni, si vede chiaramente che si augurano che il Papa continui a vivere a lungo e che la sua forza che sta mettendo sia nella vicinanza a loro, sia rispetto ai loro familiari – ma in generale al mondo dell’amministrazione e della giustizia e con proposte piuttosto forti come l’abolizione dell’ergastolo, la pena di morte, il modo di amministrare giustizia – in modi diversi ha aperto il cuore attirando grandissima gratitudine da parte di tutti: e direi non solo delle persone detenute, ma da parte di tutti gli operatori che sentono il Papa molto vicino al cammino di cambiamento della giustizia.

D. – In questa giornata, cosa vogliono dire i carcerati a Papa Francesco?

R. – Lo ringraziano perché ha fatto riscoprire a molti la vicinanza di Dio: dà il senso che Dio non li abbandona che Dio – come dice lui -  è assieme a loro, nella loro cella. Dà il senso si una partecipazione alla sofferenza, alla ricerca di speranza di moltissime persone. Credo che questa sia la cosa più forte. Poi lo ringraziano perché è vicino anche alle loro famiglie, perché manda loro le benedizioni , perché sente la loro fatica di crescere. Credo che questi siano i sentimenti maggiori. Poi, lo ringraziano per tutte le preghiere che fa per loro e, dall’altra parte, promettono continuamente che anche loro si ricordano di lui nella preghiera.

In tre metri quadrati
D. – Ragioniamo un po’ sul carcere, perché la situazione è ancora drammatica. Ci avviciniamo a Natale e molti vivono ancora in cella con cinque, sei, sette, dieci persone…

R. – Bisogna dire che qualcosa è migliorato. Non bisogna guardare solo le cose che non vanno, bisogna vedere anche i lati positivi. Molte le carceri che si sono riequilibrate dal punto di vista del sovraffollamento. Ce ne sono altri, soprattutto nelle grandi città, in cui si fa veramente ancora fatica. Credo che il problema più grande non sia guardare se ci sono i tre o quattro metri quadrati: è la vivibilità complessiva dell’essere in carcere e soprattutto la possibilità di pensare se c’è un futuro positivo per la propria vita. Su questo Papa Francesco ha detto delle cose importantissime mandando dei messaggi ai giuristi. Anche quanto a scritto a Latina, anche lì, fondamentalmente diceva: guardate che sono con voi perché la vostra vita migliori.

Riconciliare più che punire
D. – Questi interventi di Papa Francesco potranno pian piano risolvere qualche cosa? C’è la possibilità di ripensare un po’ il sistema carcere, quello giudiziario per evitare il carcere a persone che magari potrebbero stare a casa ai domiciliari?

R. – Sì, io spero che accolgano il suo messaggio, anche se è veramente faticoso cambiare la mentalità che passa da una giustizia che attribuisce semplicemente delle pene in carcere, a una giustizia riconciliativa, cioè quello che sta chiedendo abbondantemente. Un conto è mantenere delle persone semplicemente in carcere – pur con i cambiamenti, con il miglioramento del carcere – un conto è vedere che fare giustizia vuol dire anzitutto riconciliare degli uomini che hanno fatto del male a qualcuno. Papa Francesco lo ha detto molto chiaramente parlando anche delle vittime.








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